Il presidente delle sezioni riunite della Corte dei Conti, Salvatore Pilato, lo ha detto leggendo il dispositivo di sentenza, che obbliga la Regione a risanare il buco di 866 milioni di euro: non è un giudizio politico.
Ovviamente in esame c’erano alcuni conti della Regione ma sono quelli che il governo di Renato Schifani ha ereditato dal duo Nello Musumeci - Gaetano Armao e il fatto che Schifani in Aula, giovedì, abbia serenamente affermato che il suo governo andrà in continuità del precedente non fa certamente stare sereni i siciliani.
Non a caso all’Economia il governatore Schifani ha voluto mettere un suo fedelissimo ma anche vicinissimo a Musumeci, l’assessore Marco Falcone era alle Infrastrutture nel precedente esecutivo, era così utile non farlo continuare con il suo lavoro che è stato recuperato altrove. I volti e i voli di una politica che non cambierà le emergenze della Sicilia.
E serenamente Falcone, innanzi al giudizio che sospende il rendiconto 2020 in attesa che si pronunci la Corte Costituzionale, replica: “Non ci sentiamo obbligati, il pronunciamento non è paralizzante”.
I soldi però a carico del futuro bilancio sono parecchi: “422 milioni nel 2023, 292 milioni nel 2024 e un miliardo e 523 milioni nel 2025”.
Per chi vuole chiarirsi le idee, qui c'è tutta la documentazione della Corte dei Conti.
La Regione adesso chiederà aiuto a Roma, come sempre verrebbe da dire. E ieri c’è stato già un primo confronto a Catania con il Ministro Adolfo Urso, alla convention di Fratelli d’Italia, dove sia Falcone che Schifani sono andati.
Dura la reazione dell’opposizione, il deputato pentastellato Antonio De Luca non fa sconti: “É andata peggio delle peggiori previsioni, ora altro che Finanziaria approvata per tempo, qui si bloccano le spese per centinaia di milioni di euro per investimenti e le assunzioni nei centri per l'impiego e nell'amministrazione regionale. A fare le spese di tutto ciò saranno i siciliani. Schifani, piuttosto che rivendicare la continuità col governo Musumeci, dovrebbe vergognarsene e, soprattutto, provare a cambiare rotta rispetto al passato. Intanto ritiri le variazioni di bilancio e prepari l'esercizio provvisorio”.
Cateno De Luca, parlamentare regionale e leader di “Sud chiama Nord” tira dritto: “La Corte dei Conti non ha fatto altro che ribadire tutte le criticità che io ho messo in evidenza in occasione del mio intervento sulle dichiarazioni programmatiche del presidente della Regione siciliana. Ho chiesto più volte di stoppare anche la variazione di bilancio che è in corso di discussione e che andrà in aula la prossima settimana proprio perché il quadro finanziario nel quale la regione siciliana si trova non è precario, è disastroso. Vorrei ricordare, afferma De Luca, che i patti si modificano con l'accordo di chi li ha sottoscritti e non unilateralmente come hanno fatto l'assessore Armao e il presidente Musumeci e oggi la Corte dei Conti lo ha ribadito. Bisogna anche evidenziare che purtroppo nessuno di coloro i quali hanno responsabilità diretta pagherà un centesimo per il danno erariale causato come accadrebbe e accade ad un qualsiasi amministratore locale. Chi ha la responsabilità del fallimento della Sicilia, in una terra caratterizzata da assurdità oggi è Ministro di un Governo al quale si chiede aiuto per rimediare al danno causato proprio da lui!”. Il riferimento di De Luca è al Ministro Musumeci. Il Partito Democratico parla di fallimento del governo della destra negli ultimi cinque anni alla Regione Siciliana, ad affermalo è il deputato Nello Di Pasquale: “Un governo che ha preferito fare una forzatura a spendere in chiave elettorale piuttosto che accantonare il necessario per il ripiano del disavanzo nei tempi corretti. Diverse le irregolarità contestate, mentre la vicenda del disavanzo pesa come un macigno sull'immediato futuro dei siciliani. Ora l'assessore all'Economia, che condivise quella disastrosa esperienza politica, piuttosto che chiedere scusa ai siciliani, annuncia la ricerca di nuovi escamotage con la richiesta di aiuto a Roma ma la verità è che la destra non ha più alibi. L'annuncio di Falcone sulla messa a punto della Finanziaria entro il 31 dicembre è già lettera morta, al governo Schifani non resta che preparare in fretta il ddl di esercizio provvisorio”.
Forti le dichiarazioni anche del forzista Nicola D’Agostino, maggioranza: “Sarebbe stata più intelligente una discontinuità con il passato per tentare di ottenere clemenza. Siamo nei guai perché la Corte dei conti ha ragione”.
Finisce così l’era siciliana di Musumeci, che ha staccato un ticket per Roma, che ha parlato di una Regione sana e robusta grazie ai suoi 5 anni e che oggi però piange miseria e dovrà mettere mani a problemi gravi.
Tutta la cattiva gestione invocata da Musumeci e Armao è quella che loro stessi hanno commesso nel loro esecutivo. Schifani adesso dovrà andare con il cappello in mano dal Ministro Giancarlo Giorgetti, al Mef, servono i soldi per salvare la Sicilia.
Se questa è l’alternativa che va in continuità è evidente che i siciliani possono anche non essere sereni.