Venerdì 23 dicembre, a Salemi, presso il Circolo “Peppino Impastato” di via Antonino Lo Presti, 168, dalle 21,15 Umberto Leone racconta e canta la storia di Pino Veneziano.
Le nuove generazioni forse non sanno chi e’ stato Pino Veneziano. Eppure, negli anni ’70 e fino alla metà degli anni ’80 del secolo scorso, fu un punto di riferimento per gran parte del popolo della sinistra della provincia e fuori.
Trascorrere una lieta serata davanti ad un piatto di frittura o di zuppa di pesce e una bottiglia di vino, era solo una scusa. Il vero intento era di ascoltare Pino cantare le sue canzoni accompagnato dalla chitarra.
Il luogo del “pellegrinaggio” furono due ristorantini, il Miramare, prima, e il Lido Azzurro, che si trovavano davanti al mare della borgata di Marinella di Selinunte.
Dopo aver servito ai tavoli, Pino intratteneva i numerosi clienti che andavano a trovarlo. Tra questi, ne ricordo due illustri: Lucio Dalla e Fabrizio De Andre’. Pino Veneziano non era però di questa provincia. Veniva dall’interno della Sicilia. Era nato a Riesi il 2 luglio del 1933 in provincia di Caltanissetta.
La sua vita ricorda i racconti di Dikens. Ha la sfortuna di avere un padre non esemplare che abbandona la moglie e i figli in giovane età al loro destino.
Pino, e’ costretto a interrompere la scuola. Frequenta la seconda elementare quando l’abbandona e comincia a lavorare.
Fa diversi lavori, dal guardiano di capre e garzone di fornaio.
Ha 17 anni, quando con la madre e il fratello, arriva a Castelvetrano, dove lavora come garzone nei bar. Scelgono questa città forse perché il padre vi aveva fatto il carabiniere negli anni del fascismo.
Agli inizi degli anni ’60 fa il cameriere a Selinunte. Alla fine del decennio, con due amici, apre il suo primo ristorante.
Impara, da autodidatta impara a suonare la chitarra. Cominia a scrivere canzoni in lingua siciliana. La prima, diventata molo nota, e’ “Lu Sicilianu”. Ne scriverà una trentina.
Le altre vengono quasi una dopo l’altra: una trentina circa (il materiale è in fase di riordino). Fabrizio De Andrè, lo vuole come spalla nel suo primo concerto in Sicilia.
Si esibisce gratuitamente in diverse Feste dell’Unità, tra cui anche in quella di Salemi agli inizi degli anni ‘70. Nel 1975 incide il suo primo e unico disco, “Lu patruni è suvecchiu” (Il padrone è di troppo), edito dai Circoli di Ottobre. Il poeta Ignazio Buttita nella nota di copertina di lui scrive: Un cantastorie che fa politica e la sublima con la poesia.
Nell’estate del 1984 nel suo ristorante si ferma persino Jorge Luis Borges. Il grande scrittore argentino si commuove ascoltando le sue canzoni, che per lui non hanno bisogno di traduzione. Chiede anche di accarezzare il volto di Pino per “vederlo”.
Nello stesso anno il racconto dikensiano della sua vita si arricchisce di un altro episodio. Per puro caso viene a sapere che il padre che lo aveva abbandonato quando era ancora un fanciullo, si trova in un casa di riposo a Gela.
Lo va a trovare e scopre che anche il padre suona la chitarra e canta motivi popolari. Un filo misterioso aveva legato le loro vite. Nel suo ultimo decennio di vita, per arrotondare la misera pensione fa il posteggiatore al Parco Archeologico di Selinunte.
Muore il 3 luglio 1994, il giorno dopo il suo compleanno.
Franco Ciro Lo Re