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29/12/2022 07:25:00

Dopo 23 anni si scioglie a Trapani il Coordinamento per la Pace

Dopo 23 anni si scioglie a Trapani il Coordinamento per la Pace. Lo rendono noto gli attivisti del comitato stesso, che venne creato, nel 1999, dopo i tragici fatti che causarono sei giovani vittime al Serraino Vulpitta, allora "centro di permanenza temporanea".

Lo scioglimento avviene al termine di un anno molto complicato, se vogliamo utilizzare un eufemismo, per i sostenitori dei valori della pace, dopo l'aggressione militare della Russia all'Ucraina e le divisioni che hanno caratterizzato il movimento pacifista internazionale. 

Ecco cosa scrivono i membri del Coordinamento.

Ventitré anni sono moltissimi. Eppure, il ricordo della strage nel centro di permanenza temporanea “Serraino Vulpitta” di Trapani resterà sempre scolpito nella nostra memoria.

Non abbiamo mai dimenticato i nomi di Rabah, Nashreddine, Ramsi, Lofti, Jamel, Nasim, le sei vittime del rogo divampato nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1999 in quella struttura detentiva.
In tutti questi anni abbiamo cercato di tenere vivo il ricordo di quei fatti non certo per uno sterile esercizio commemorativo ma per costruire la resistenza e la lotta a un sistema brutale basato sulla discriminazione e l’oppressione dei più deboli.
Abbiamo sempre sostenuto che la repressione nei confronti degli immigrati “irregolari” rappresentava un attacco alla libertà e ai diritti di tutte e tutti. Allo stesso modo, il razzismo e il disprezzo nei confronti degli stranieri era il concime tossico con cui far crescere una società sempre più incattivita ed egoista. Quelle considerazioni restano sempre valide e le ribadiamo con convinzione, ancora oggi.

Ci ritroviamo, infatti, come ogni anno, a ricordare quegli eventi in un contesto globale a dir poco terrificante. Il numero di persone morte alle frontiere dell’Europa ha raggiunto proporzioni agghiaccianti. Si affonda con un barcone, si muore soffocati dentro a un tir, si crepa di freddo su un sentiero di montagna, si brucia vivi in una baraccopoli. Questo succede ogni giorno a donne, uomini e bambini.
Le risposte dei governi non sono cambiate: filo spinato, respingimenti, terrorismo. La criminalizzazione delle ong e delle navi che soccorrono gli immigrati in mare aperto è solo una variazione sul tema ben collaudato delle politiche di discriminazione istituzionale. Da un lato si attacca chi salva vite umane, facendo ricorso anche alle calunnie e alle menzogne, dall’altro le persone vengono tenute in ostaggio per garantire una enorme quota di manodopera ricattabile. Perché è a questo che serve la “clandestinità”.

L’anno che sta per concludersi è iniziato con l’orrore della guerra tra Russia e Ucraina, un conflitto di proporzioni mondiali perché è stato da subito evidente il coinvolgimento di molti altri attori in questo scenario. Questa guerra per procura sta avendo delle ripercussioni i cui esiti sono veramente difficili da prevedere. Al momento ci sono le macerie e le immani sofferenze materiali e morali di chi subisce le conseguenze di questa devastazione. Nessuno ha, fino a questo momento, lavorato concretamente a delle soluzioni diplomatiche per far tacere le armi. Al contrario, abbiamo assistito a un arruolamento collettivo, alla criminalizzazione di ogni posizione autenticamente pacifista o antimilitarista. Nel dibattito politico nazionale e internazionale l’opposizione alla guerra è stata liquidata come un malcelato sostegno a Putin e alla sua aggressione militare. Questa distorsione ideologica è il tipico espediente con il quale le classi dominanti hanno sempre cercato di mettere a tacere, in ogni epoca, il dissenso contro le politiche belliciste dei governi. Noi ribadiamo, ancora oggi, la nostra solidarietà al popolo ucraino e al popolo russo, trascinati dai loro governi in un conflitto aberrante la cui posta in gioco fa gola a tutti: Usa, Cina, Europa.

Il governo fascista che è stato eletto in Italia non poteva che esaltarsi di fronte alle sirene di questi tempi di guerra: il presidente del consiglio Meloni ha già annunciato l’aumento delle spese militari per raggiungere la soglia del 2% sul pil nazionale all’interno di una dimensione europea e atlantica nella quale molti altri paesi stanno lavorando alacremente per implementare le commesse militari.
Sono tempi terribili, ma siamo convinti che – parafrasando l’anarchico Amedeo Bertolo – si debba lasciare il pessimismo per tempi migliori. Questo significa che non bisogna mai smettere di credere nella possibilità di costruire una società più giusta, più equa, più solidale, più libera.

Con queste brevi note noi annunciamo formalmente lo scioglimento del Coordinamento per la Pace di Trapani. Nel farlo, vogliamo ringraziare tutte le compagne e i compagni che hanno percorso con noi una lunga e impervia strada fatta di impegno, speranze, difficoltà, volontà. Abbiamo provato a costruire, in una città difficile come Trapani, un soggetto politico di base veramente libero e indipendente. Non sempre siamo riusciti a realizzare quello che ci eravamo proposti, spesso abbiamo commesso degli errori, in qualche occasione abbiamo vissuto anche dolorose lacerazioni. Ma siamo anche orgogliosi di avere portato avanti, con coerenza e determinazione, delle lotte e delle analisi chiare e inequivocabili su molti temi che ci stanno a cuore, introducendo nel dibattito cittadino – e non solo – degli elementi di critica e di riflessione che per noi sono sempre stati imprescindibili.
Ci auguriamo che altri, dopo di noi, potranno e vorranno continuare questo percorso.