Aveva capito che la situazione stava peggiorando. La malattia lo stava consumando e Gianluca Vialli, a metà dicembre, si era dimesso da tutti gli incarichi della Federazione. “Ho deciso di sospendere l’attività in nazionale per utilizzare tutte le energie possibili per superare questa fase della malattia”. E’ stata la sua ultima dichiarazione ai media, poi, il ricovero a Londra ed in ultimo la morte.
Gianluca Vialli fu uno dei più forti e prolifici attaccanti italiani di tutti i tempi, gemello del gol con l’amico di sempre Roberto Mancini in quella Samp dei miracoli con la quale vinse un Campionato Italiano ed una Coppa delle Coppe, ma sconfitto dal Barcellona in Coppa dei Campioni, trofeo, comunque, che sollevò da capitano della Juve nel 96. Nel suo palmarès anche il terzo posto ai mondiali di Italia 90, suo il cross dalla destra che Totò Schillaci mise a segno contro l’Austria.
Visse una seconda vita calcistica in Inghilterra al Chelsea, ne fu l’allenatore/giocatore, facendosi apprezzare per le innate doti umane ed anche in terra straniera vinse tanto. Lo ricorderemo simpaticamente per essere stato sempre l’ultimo a salire sull’autobus della nazionale durante gli ultimi europei, un gesto scaramantico che, perché no, probabilmente servì per la vittoria finale degli azzurri. Ricorderemo per tanto tempo anche il lungo abbraccio con il CT e le tante lacrime versate per lo storico traguardo al termine della finale; alzò quella Coppa con tanto orgoglio.
Un altra prematura scomparsa a causa di un tumore che ha creato tanta commozione in quei milioni di tifosi italiani e stranieri a cui Vialli ha tanto regalato in termini di emozioni calcistiche nei diversi anni di attività. In una nota della Figc: “Il calcio italiano non piange soltanto il capo delegazione della nazionale, piange un grande uomo”.