Meno verde e terreni agricoli, più cemento, edifici e strade: la Sicilia, con 487 ettari in più rispetto allo scorso anno, è la settima regione d’Italia per consumo di suolo. Il record tra le città siciliane spetta a Catania, che con i suoi +35 ettari è anche la quinta città d’Italia, seguita nell’Isola da Palermo ed Enna con 66 ettari entrambe e da Modica (+ 24,2 ettari) e Carini (+19,93 Ettari). I dati provengono dal monitoraggio che è stato condotto dall’Arpa Sicilia (Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente) e misurano la perdita delle superfici originariamente naturali e agricole, che vengono di fatto strappate via o per le coperture artificiali del terreno dovute all’espansione delle città oppure per via dell’abbandono delle coltivazioni e della conseguente desertificazione.
Il cemento in aree a pericolosità idraulica
Il verde lascia il posto a case, fabbricati, strade asfaltate, piazze, aeroporti, porti, discariche che tra l’altro danno luogo a quel fenomeno di “impermeabilizzazione” del suolo che a sua volta impedisce il naturale deflusso idraulico delle acque, esponendo le aree all’impatto dei fenomeni climatici estremi e pericolosi, sempre più frequenti, come forti piogge, inondazioni, alluvioni. Arpa ricorda che “il consumo di suolo annuale in ettari, tra il 2020 e il 2021, in aree a pericolosità idraulica, a livello nazionale, mostra come 991,9 ettari sono stati ‘artificializzati’ in aree a pericolosità idraulica media, di cui 501,9 in Emilia-Romagna, 74,3 in Veneto, 69,1 in Piemonte e 32,8 in Sicilia”. Un processo che può ritenersi “pressoché irreversibile, visti i tempi estremamente lunghi di formazione del suolo”.
L’analisi delle immagini satellitari
L’attività di monitoraggio di Arpa Sicilia si basa sull’analisi di immagini satellitari per individuare innanzitutto le principali aree dove si è verificato un cambiamento. Da una prima ricognizione si procede più nel dettaglio analizzando immagini a risoluzione più spinta, che permettono di confermare che vi sia stata una modifica dello stato dei suoli e classificare correttamente il fenomeno. “A causa della carenza di personale da destinare a quest’attività”, spiega Arpa, i reticolati in cui è suddivisa l’Isola, finora interpretati in maniera completa fino al terzo livello, costituiscono solo il 40 per cento del territorio regionale. Analizzando la densità di consumo di suolo (2020-2021) intesa come metri quadrati consumati per ettaro di territorio comunale, i valori maggiori si riscontrano a Ficarazzi (109,37), Carini (26,09) e Pozzallo (24,73). Il consumo di suolo in Sicilia, nel 2021, in percentuale sulla superficie di tutto il territorio regionale è del 6,52 per cento, quasi invariato rispetto all’anno precedente (6,49 per cento).
Aumenti a Ragusa, Siracusa, Enna e Palermo
Il consumo di suolo netto, cioè il bilancio tra nuovo consumo e aree ripristinate, cresce dello 0,29 per cento, valore quasi identico a quello della media nazionale (0,30 per cento). Un altro parametro che distingue in positivo l’Isola dal resto del Paese è la densità di consumo netto, cioè la superficie consumata per ettaro di territorio: in Sicilia è stata nel 2021 di 1,89 metri quadri/ettaro, a fronte del dato nazionale di 2,10 mq/ha. Sono quattro, poi, i capoluoghi di provincia siciliani con un trend in crescita: a Ragusa, Siracusa, Enna e Palermo le variazioni di consumo di suolo registrate nel periodo 2020-2021 sono state in aumento rispetto a quelle rilevate nel periodo 2019-2020.
Consumo di suolo zero nella legge urbanistica
Il “consumo di suolo a saldo zero”, da raggiungere entro il 2050, è un obiettivo della Legge regionale 19/2020, la riforma urbanistica con cui la Regione Siciliana si è dotata di un nuovo sistema di governo del territorio e di pianificazione. La legge impone il pieno utilizzo delle aree interne al perimetro urbano e la rigenerazione urbana. “Secondo questo nuovo sistema – sottolinea Arpa – il consumo di suolo è consentito, entro il limite massimo del dieci per cento della superficie del territorio urbanizzato, esclusivamente per opere pubbliche e opere qualificate di interesse pubblico dalla normativa vigente, nei soli casi in cui non esistano ragionevoli alternative consistenti nel riuso di aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse e nuovi insediamenti al di fuori del territorio urbanizzato devono essere contigui a insediamenti esistenti e funzionali alla riqualificazione del disegno dei margini urbani”. La nuova visione, che passa attraverso i Pug (Piani urbanistici generali), la versione moderna dei Prg (Piani regolatori generali), riguarda anche le aree agricole, dove secondo la legge gli edifici destinati ad attività produttive possono coprire non oltre un decimo del terreno, mentre un quinto dev’essere riservato ai parcheggi.
Fonte: FocusSicilia