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22/01/2023 08:00:00

Mancato versamento della tassa di soggiorno ai Comuni. Per il Tribunale di Palermo non è peculato

Se un albergatore non versa al Comune la tassa di soggiorno pagata dai suoi clienti non commette reato. E questo vale anche per il periodo antecedente il 19 maggio 2020, data di entrata in vigore del D.L. 34/2020, che ha stabilito che il mancato versamento non può configurare il reato di peculato, ma un semplice illecito amministrativo. E’ quanto ha sentenziato la terza sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha assolto dall’accusa di peculato, con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, il gestore di una struttura alberghiera di Mondello, G.N. (classe 1933), processato con l’accusa di non aver versato al Comune di Palermo la tassa di soggiorno riscossa dai turisti ospiti dell’hotel dal 2015 al 2019.

A difendere l’anziano albergatore di Mondello è stato l’avvocato Ignazio Cardinale, del Foro di Marsala, che richiamando il c.d. “decreto fisco-lavoro”, nonché una recente sentenza della Cassazione (febbraio 2022), ha sostenuto l’impossibilità di qualificare la condotta del proprio assistito come integrante il reato di peculato, “atteso – ha affermato il legale - che la stessa, anche se accertata, poteva, tutt’al più, ricadere nell’ambito di un illecito amministrativo, considerata la necessità di qualificare il gestore della struttura ricettiva come responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno e non già come incaricato di pubblico servizio”. E invece l’anziano albergatore era finito sotto processo anche perché considerato alla stregua di un “incaricato di pubblico servizio”. Con un’imputazione, peculato, che prevede fino a dieci anni e sei mesi di carcere. Ci sono stati albergatori che sono stati condannati a pene piuttosto severe e che hanno dovuto chiudere le loro strutture.

“La conseguenza del D.L. 34/2020 – spiega l’avvocato Ignazio Cardinale - è stata che, mentre tutte le condotte di mancato versamento delle imposte di soggiorno commesse successivamente alla data di operatività della detta normativa venivano certamente considerate come depenalizzate, lo stesso non poteva dirsi (con assoluta certezza) anche per quelle commesse antecedentemente al 19 maggio 2020 che, secondo parte della giurisprudenza, rientravano ancora nell’ambito della fattispecie criminosa del peculato”. Ma il Tribunale di Palermo ha accolto la tesi del difensore.