Si è insediato lo scorso 17 gennaio, proprio all’indomani della cattura del boss mafioso Matteo Messina Denaro, il nuovo capo della Procura di Marsala, Fernando Asaro. Fino a qualche settimana fa era alla guida della Procura di Gela. “Il nostro compito – dice il magistrato - è quello di svolgere indagini, sostenendo poi l’accusa in giudizio, a 360 gradi, in ogni ambito e in ogni settore dei beni tutelati dal codice penale, con ripristino della legalità a tutela dell’intera collettività.
Non ci sono delle priorità, se non quelle previste dalla legge. In questo circondario giudiziario, oltre alle ben note dinamiche mafiose, per cui è competente la Dda, tra le altre emergenze ci sono il traffico e lo spaccio di stupefacenti e i reati ambientali”. Nella carica che fu anche di Cesare Terranova e Paolo Borsellino, Fernando Asaro subentra a Vincenzo Pantaleo, andato in pensione nel novembre 2021. Da quel momento, procuratore capo facente funzioni è stato Roberto Piscitello, il più anziano e più esperto tra i sostituti in servizio, nonché ex pm della Dda di Palermo ed ex direttore generale al Ministero della Giustizia. “La pianta organica della Procura di Marsala – spiega, poi, Asaro – prevede otto sostituti. Attualmente sono sette. Siamo quasi al completo”.
Rispetto al passato, quindi, quando i posti coperti, in alcuni periodi, variavano tra cinque e sei, le cose vanno un po' meglio. Più di un predecessore del procuratore Asaro, inoltre, aveva sottolineato che la mole di lavoro che incombe sulla Procura di Marsala è tale che non solo era necessario avere tutti i posti di sostituto coperti, ma che fosse auspicabile anche un posto di procuratore aggiunto. Fernando Asaro, in magistratura dall’ottobre 1992, come sostituto procuratore viene assegnato alla Procura di Caltanissetta (1993-2000) e poi a Palermo (2000-2011), operando nella Dda anche su Agrigento. Dal 2011 al 2016, sostituto procuratore generale a Caltanissetta. Infine, dal 2016 è stato a capo della Procura di Gela. Cresciuto a Palermo da famiglia di origine nissena, Asaro ha maturato la sua decisione di entrare in magistratura durante gli anni in cui i “corleonesi” di Riina e Provenzano hanno sterminato i mafiosi avversari e ucciso tanti uomini dello Stato impegnati nella lotta a Cosa Nostra. La scorsa estate, al Corriere di Gela on line spiegava perché ha deciso di fare il magistrato. “Non certo per tradizione dinastica – ha detto - visto che non discendo da una famiglia di magistrati. L'ho scelto perché da giovane siciliano e da palermitano ho vissuto gli anni '80 particolarmente duri e sconvolgenti”. Erano gli anni della guerra tra vecchia e nuova mafia che insanguinò le strade di Palermo. “Si, ma era anche il periodo in cui spiccava forte l'immagine di Giovanni Falcone, il coraggio suo e di altri magistrati. Da studente mi chiedevo cosa fosse quella mafia che ammazzava, terrorizzava, opprimeva, massacrando uomini come Piersanti Mattarella o come il generale Dalla Chiesa. A Palermo c’era un clima invivibile che opprimeva le coscienze. Visitavo i luoghi simbolo in cui avvenivano gli omicidi per studiare e capire questo fenomeno criminale. E piano piano cresceva in me la voglia di mettermi in gioco, di fare qualcosa per una realtà dove la mafia uccideva alla media di un morto al giorno mentre l'ambiente giovanile appariva sempre più indifferente. Se dopo 30 anni rifarei questa scelta? Assolutamente sì. In maniera convinta e senza alcuna perplessità. Amo questo lavoro, o meglio, questo servizio, come diceva Rosario Livatino perché ho scelto di servire lo Stato per il bene comune, per garantire legalità e giustizia”.