Nel momento di debolezza, di vulnerabilità, Matteo Messina Denaro è stato preso. E quel momento è coinciso con le sue condizioni di salute che si sono aggravate. Con le intercettazioni delle persone a lui più vicine che lasciavano trapelare una situazione clinica particolare del boss di Castelvetrano.
Ora gli investigatori vanno a ritroso nella vita degli ultimi anni di Messina Denaro.
E c’è un’ipotesi che si avanza in questi giorni, quella che Messina Denaro si sia fatto curare all’estero, per poi tornare in Sicilia, ad Alcamo, a Mazara, a Castelvetrano e poi a Palermo, dove è stato arrestato il 16 gennaio.
Ci sono tracce che portano con certezza in Europa, dove il capo mafia ha affrontato patologie – come il problema agli occhi – diverse dal tumore che si è manifestato tra il 2019 e il 2020. A quel punto è stato operato prima all’Abele Ajello di Mazara del Vallo e poi alla clinica La Maddalena di Palermo, dove è stato arrestato lo scorso 16 gennaio. E’ probabile che a diagnosticare il cancro sia stato un medico non siciliano. Su chi e come abbia dato il via al suo percorso sanitario non trapela nulla al momento. Messina Denaro, però, una volta diagnosticato il cancro, sarebbe tornato in Sicilia e si è fatto curare da medici siciliani sotto il falso nome di Andrea Bonafede, il geometra che ha ceduto l’identità al boss.
Messina Denaro continua a trovarsi al carcere di massima sicurezza de L’Aquila. In questi giorni le sue condizioni di salute si sarebbero aggravate, ed è stato portato al pronto soccorso.
Nel frattempo continua ad essere setacciati i covi utilizzati a Campobello di Mazara. In particolare l’ultima sua residenza, quella di vicolo San Vito, è stata perlustrata a fondo dalla scientifica. Si cercano elementi utili (pizzini, armi, agende). Ma al momento senza risultati positivi. In questi giorni è stata fatta una bonifica del covo. I Ros avevano già fatto ispezioni con il georadar dalle quali venivano evidenziate delle cavità nascoste sotto il pavimento e dietro le pareti. «A quel punto abbiamo operato con i demolitori - dicono i Ros - ma non è saltato fuori nulla. Si trattava solo di camere d'aria o di normali intercapedini edilizie dell'immobile».
Intanto il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha riannodato il nastro parlando del “punto di svolta per arrivare alla cattura di Messina Denaro”, cioè “quando sono state captate alcune conversazioni in cui si faceva riferimento a una possibile malattia del latitante".
In un incontro con gli studenti all’Istituto Gonzaga di Palermo, De Lucia, è tornato sull’importanza delle intercettazioni nelle indagini per mafia. "Gli associati per mettersi d'accordo devono parlare - ha spiegato - un sistema per contrastare questa organizzazione è scoprire i suoi piani attraverso le informazioni che l'organizzazione stessa genera. Esistono due sistemi per farlo, per rompere la sua segretezza: o c'è qualche mafioso che inizia a collaborare con la giustizia oppure è lo Stato che deve entrare nella testa dei mafiosi ascoltandone i dialoghi con gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione, ossia le intercettazioni".
Il procuratore rimanda al mittente ogni dietrologia sulla cattura del super latitante. Lo ha già fatto nei giorni passati. Lo ribadisce ancora. "Ci sono soggetti che non fanno indagini da anni che compaiono sui media per disquisire sulla cattura di Messina Denaro o fanno dietrologie - ha detto agli studenti. Questo è uno strano paese, dopo pochi minuti dall’arresto del latitante erano già iniziati i ‘murmuriì, si è pensato che si era fatto prendere, che non era più lui. Tutto ciò si può legittimamente pensare, ma lascia il tempo che trova. Come quando si vincono i Mondiali si pensa subito che qualcuno ha comprato la partita, non c’è un momento in cui questo paese sta unito e festeggia i suoi successi”.