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16/02/2023 06:00:00

Un mese fa alla clinica "La Maddalena" l'arresto di Matteo Messina Denaro 

Mancava qualche minuto alle nove del mattino, quando lo scorso 16 gennaio veniva battuta dalle agenzie di stampa la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro. L’invisibile di Castelvetrano, il figlio di Francesco Messina Denaro, uno dei più fedeli boss dei Corleonesi, Riina e Provenzano, dopo quasi 30 anni di latitanza è stato catturato dai carabinieri del ROS alla clinica La Maddalena di Palermo, dove, quella mattina aveva in programma un ciclo di chemioterapia per la cura del tumore al colon. Assieme a Messina Denaro è stato arrestato l'olivicoltore che lo accompagnava in auto, Giovanni Luppino, di Castelvetrano. 

Un mese fa finiva così la latitanza dell'uomo più ricercato d'Italia, è ritenuto responsabile di un numero imprecisato di omicidi e tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo - rapito per costringere il padre Santino a ritrattare le rivelazioni sulla strage di Capaci e poi strangolato e sciolto nell'acido dopo 779 giorni di prigionia. Matteo Messina Denaro è già stato condannato a diversi ergastoli e in primo grado  anche al processo che lo vede accusato come mandante delle stragi di Capaci e Via D'Amelio.

Le indagini -  Dal giorno dell'arresto sono continuate incessantemente, alla ricerca dei covi, dell'auto, dei fiancheggiatori,  medici che hanno consentito al boss di condurre, almeno nell'ultimo anno, una vita del tutto normale a Campobello di Mazara. Si è indagato e poi arrestato il medico che lo curava Alfonso Tumbarello, arrestati i due cugini Andrea Bonafede, il primo ha dato al boss la sua identità con la quale, normalmente, andava in tutte le strutture sanitarie dove si curava, il secondo, invece, era colui che ritirava le ricette prescritte per il boss da Tumbarello. Ripercorriamo questo mese con alcune delle tappe più importanti. 

"Mi chiamo Matteo Messina Denaro” - Così il boss risponde, con tono arrogante e infastidito di dover rispondere e dire più di una volta il proprio nome, ai militari del ROS che lo bloccano nei pressi della Clinica La Maddalena. Si chiude così, una mattina di gennaio, la latitanza trentennale del boss numero uno di Cosa nostra. La “primula rossa” della mafia, l’ultimo degli stragisti, “u siccu”, “diabolik”. Tanti soprannomi che hanno accompagnato il racconto della lunga latitanza del boss di Castelvetrano. Ieri l'ultimo atto.

"Messina Denaro è Andrea Bonafede" -  Andrea Bonafede, nato a Campobello di Mazara il 23 ottobre del 1963. Eccola, la carta di identità di Matteo Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, il nome falso scelto nella latitanza. Il boss era residente a pochi km dalla sua città natale, Castelvetrano, a Campobello di Mazara. Di professione, si legge nella carta di identità, 'geometra'. E' alto 1,78, calvo e con gli occhi castani. Segni particolari "nessuno". La tessera, cartacea, è stata emessa l'8 febbraio 2016 e ha scadenza il 23 ottobre del 2026. E tra i documenti presentati in clinica e nelle strutture sanitarie da Messina Denaro, c'è anche una tessera sanitaria di Andrea Bonafede in scadenza il 22 ottobre 2025.

I "covi" - Matteo Messina Denaro, ha beneficiato per la sua latitanza del “covo diffuso”. Non un unico covo, ma tanti appartamenti, “bunker”, in cui nascondersi o nascondere le sue cose tra Campobello di Mazara, Castelvetrano e magari anche città vicine. Questo è venuto fuori dai continui sequestri e dalle numerose perquisizioni che sono state effettuate a Campobello in questo mese dopo l’arresto di Messina Denaro che girava anche tranquillamente per il paese, con la sua auto e andava a fare la spesa.  Messina Denaro ha mantenuto anche durante la latitanza la passione per abiti griffati, scarpe e profumi, orologi e gioielli costosi.

L'arresto del vero Andrea Bonafede -  Il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l'identità al boss Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros lo scorso 23 gennaio, con l'accusa di associazione mafiosa. L'inchiesta, anche in quel caso è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall'aggiunto Paolo Guido. Oltre a consegnare all'ex latitante la sua carta di identità per consentirgli di ottenere un falso documento e a dargli la tessera sanitaria necessaria per le terapie e le visite mediche, Bonafede ha acquistato - per sua stessa ammissione - la casa di Campobello di Mazara in cui Messina Denaro ha trascorso l'ultimo periodo della latitanza, gli ha dato il bancomat permettendogli di fare delle spese, gli ha fatto comprare la Giulietta sulla quale viaggiava.

L'auto di Messina Denaro - La Giulietta trovata in un garage del figlio di Giovanni Luppino, era stata acquistata un anno fa personalmente dal boss in una concessionaria di Palermo, ed era intestata alla madre di Bonafede. Alla madre di Bonafede, una disabile di 87 anni, era intestata la anche la Fiat 500 data in permuta per l'acquisto dell'Alfa. L'auto è stata trovata dalla polizia, vicino al terzo covo e alla casa di Giovanni Luppino, arrestato insieme al boss alla Clinica La Maddalena. Nel borsello del capomafia i carabinieri avevano trovato una chiave di un'Alfa Romeo. Dal codice della chiave, i pm sono arrivati alla Giulietta. Gli investigatori hanno successivamente ricostruito, grazie a un sistema di intelligenza artificiale, gli spostamenti del veicolo del capomafia, risalendo al suo nascondiglio di vicolo San Vito. L'auto era in un garage del figlio di Luppino, l'incensurato imprenditore agricolo che ha accompagnato il padrino di Castelvetrano alla casa di cura ed è stato arrestato con lui.

 

L'arresto del medico Alfonso Tumbarello - Con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico, lo scorso 7 febbraio i carabinieri del Ros hanno arrestato Alfonso Tumbarello, il medico di Campobello di Mazara accusato di aver curato per anni Matteo Messina Denaro durante la latitanza. Tumbarello avrebbe fatto per il boss almeno 95 ricette di farmaci e almeno 42 impegnative per analisi ed esami diagnostici. Formalmente prescritti ad Andrea Bonafede ma il cui vero destinatario era in realtà il capomafia della provincia di Trapani.

L'arresto del secondo Andrea Bonafede  - E’ stato arrestato anche un cugino omonimo (e di sette anni più giovane) di Andrea Bonafede, l’ormai conosciuto alter ego di Messina Denaro che ha anche acquistato una casa per suo conto. Sarebbe stato lui, il cugino, a ritirare le documentazioni mediche presso lo studio di Tumbarello, consegnandogli anche la documentazione sanitaria che il capomafia riceveva dalle visite specialistiche. Inizialmente, il Bonafede arrestato nei giorni scorsi, aveva riferito di essere andato di volta in volta presso lo studio del medico a ritirare le ricette per il boss e che Tumbarello fosse convinto che servissero proprio per lui (che in realtà stava benissimo). Una versione però palesemente smentita dalla segretaria dello studio del medico, che invece ha riferito di non averlo mai visto e che la persona che veniva a ritirare le prescrizioni mediche era sempre il cugino. Cosa confermata anche da chi ha sostituito Tamburello, dopo che quest’ultimo era andato in pensione il 9 dicembre scorso. La segretaria gli chiedeva anche come stesse il cugino e lui rispondeva “Si sta riprendendo”.

Le indagini su telefonini, auto del comune di Bonafede - Sono stati sequestrati il computer e i telefonini di Andrea Bonafede, il cugino omonimo del geometra che ha prestato l'identità all'ex latitante e che è accusato di aver fatto da "postino" per la consegna al boss delle ricette mediche. Bonafede è stato arrestato nei giorni scorsi assieme ad Alfonso Tumbarello, il medico di famiglia che curava e prescriveva le visite e i farmaci a Messina Denaro. Gli inquirenti hanno ascoltato anche i dipendenti comunali di Campobello di Mazara, colleghi di Bonafede, dove prestava servizio al quinto settore. Si stanno facendo anche le verifiche sulla vettura del Comune, una Fiat Seicento bianca, utilizzata dallo stesso Bonafede, per ricostruire i suoi spostamenti prima dell'arresto.

"Le condizioni di Messina Denaro sono molto gravi" - "Non credo che la cella possa essere paragonata ad un ambulatorio medico. Non so se lo stanno curando bene". Parla per la prima volta con RaiNews24 l'avvocatessa Lorenza Guttadauro, legale di fiducia oltre che nipote di Matteo Messina Denaro, a proposito del primo interrogatorio avvenuto nel carcere de L'Aquila due giorni fa, il 13 febbraio, tra il capo mafioso da lei assistito e il procuratore Maurizio De Lucia e l'aggiunto Paolo Guido che avevano trovato il detenuto "lucido, sereno e con tutte le cure necessarie". Messina Denaro, nel suo primo incontro con De Lucia e Guido, non ha scelto il silenzio. Il colloquio è durato poco ma dal confronto col boss non sembra siano arrivati contributi significativi per l'inchiesta. Tanto è vero che tutto si è risolto in poco tempo e il verbale non è stato neppure secretato. Lorenza Guttadauro, è il primo l'avvocato di Matteo Messina Denaro, fino ad ora difeso da avvocati d'ufficio. Messina Denaro ha scelto "in famiglia": Lorenza Guttadauro, avvocato penalista, infatti è sua nipote: figlia della sorella Rosalia e di Filippo Guttadauro. Il nonno paterno - padre di Filippo – è lo storico boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro.