La Corte di Cassazione ha sentenziato per la prima volta che "non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte nel giardino di casa". È questa l’ultima tesi della Corte di cassazione che, con la sentenza 8442/23 pubblicata il 24 febbraio 2023, ha accolto il ricorso di un giovane che coltivava cannabis nel giardino di casa.
Dopo aver ripercorso le varie tesi rese negli ultimi anni dalla giurisprudenza di legittimità, i Supremi giudici hanno ravvisato gli estremi dell’inoffensività della condotta a fronte del fatto che l’agente fosse un assuntore abituale, che non vi fossero elementi idonei a ritenere la destinazione alla cessione a terzi, che la coltivazione avesse a oggetto un numero limitato di piante e fosse svolta senza l’adozione di alcuna particolare tecnica atta ad ottenere un quantitativo apprezzabile di stupefacente.
Insomma, applicando tali criteri al caso di specie, gli Ermellini forniscono un dato fondamentale: hanno confermato l'inoffensività della condotta, posto che è stato riconosciuto l’uso personale della sostanza rinvenuta, in quanto non vi sono elementi idonei a sostenere una destinazione anche a terzi del prodotto della coltivazione e, soprattutto, questa aveva ad oggetto un numero limitatissimo di piante, coltivate in maniera del tutto rudimentale, mediante il semplice invaso e collocazione nel giardino dell’abitazione.