Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
20/04/2023 06:00:00

La Gen Z della mafia. Gratteri a Marsala. “Con queste leggi si può solo arginare”

C’è una “generazione zeta” della mafia. Lontanissima dalle coppole e lupare, dalle regole di mandamenti, famiglie, pizzo e pizzini. Matteo Messina Denaro, per quanto innovativo, è il passato. Una mafia è più fluida, che usa TikTok per brandizzarsi. Non usa violenza, ma gli basta la “reputazione” ed è esperta di finanza. E che, però, le leggi (e la politica) non riescono a battere.

Lo sa bene Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, uno dei magistrati più noti, e più esposti, in Italia nella lotta al crimine organizzato. Il suo campo è la Calabria, è la ‘ndrangheta, una mafia che ha saputo superare i confini e fare affari.
Ieri, Gratteri, era a Marsala nell’ambito degli incontri del Gran Galà della Cultura e della Legalità. Ha parlato di Matteo Messina Denaro, dei nuovi sistemi criminali, e delle leggi che con fatica riescono ad essere un argine a Cosa nostra.


“Finalmente che è stato catturato un simbolo in negativo, quindi ora si facciano gli approfondimenti che si devono fare e si cominci a concentrarsi su Cosa nostra di oggi“. Matteo Messina Denaro è il passato. Cosa nostra, classica e militare, ha perso. Ma la mafia no. E per Gratteri le indagini non sono facilitate dalle nuove norme in materia di giustizia.

"Sono stato uno dei primi - ha aggiunto Gratteri - a criticare Cartabia e Draghi quando si sono messi a fare riforme sulla giustizia, facendo poi votare subito in Parlamento sulla improcedibilità. Ma questa ha tradito il mandato dell'Europa, che aveva detto: se volete i soldi, dovete velocizzare i processi. Con l'improcedibilità, invece, i processi saranno ghigliottinati, non velocizzati. Non mi pare che sia questo il metodo giusto per contrastare le mafie e soprattutto per risolvere i problemi della giustizia". Poi, sollecitato sui possibili contatti tra il boss Matteo Messina Denaro e la 'ndrangheta, ha risposto: "I rapporti tra Cosa Nostra e 'ndrangheta ci sono da sempre. Da più di un secolo. Quando ancora non si chiamava 'ndrangheta e quando, nel periodo borbonico, nelle carceri di Favignana c'erano picciotti, criminali siciliani, calabresi e campani. E li è cominciato anche l'inquinamento linguistico nelle definizioni e dei termini che ci sono nelle tre principali mafie".
"Io penso che con il sistema giudiziario attuale, penale processuale e difensivo, e con il sistema scolastico attuale noi possiamo solo arginare le mafie, possiamo solo pareggiare le partite. - ha osservato - Per sconfiggere le mafie necessiterebbe, nel rispetto della Costituzione, un sistema penale, processuale e detentivo proporzionato a queste realtà criminali. E quindi un sistema non conveniente a delinquere. Ci sarebbe tanto da fare sul piano normativo, sul piano dell'istruzione e della cultura".

 

 

  

Gratteri ha anche parlato del funzionamento dei tribunali, “non servono tribunali ogni 25 km, ma tribunali che funzionano”. Ma anche delle carceri, troppo affollate. “Portiamo le persone nelle comunità, se non hanno fatto reati gravi”. Per Gratteri le cose non cambiano perchè c'è qualcuno che si “annaca”. “La politica sa perfettamente cos'è e dov'è la mafia, e il problema è che non fa. La mafia ha il consenso perchè c'è l'assenza della politica sul territorio, perchè dà risposte che la politica non riesce a dare”.


Alla tavola rotonda, collegato dal Canada, anche Antonio Nicaso, giornalista e docente universitario. Parla della Gen Z della mafia, che “si crea una narrazione attraverso i social media, ma che adotta anche una strategia della sommersione che tende a centellinare la violenza. E per farlo bisogna creare un brand della reputazione”.
C’era anche Antonello Cracolici, presidente della commissione antimafia all’Ars, che dice che il compito della politica è quello di “scalfire” la reputazione mafiosa. “Nelle nostre città si sa chi appartiene a chi. Non meravigliamoci del boss Messina Denaro che camminava indisturbato per Campobello. I mafiosi hanno goduto della reputazione positiva dei cittadini”.


Ma alla base però la reputazione cresce dove manca lo Stato, dove la politica è assente e non dà risposte. Lì, cresce la mafia, e arginarla è difficile.