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14/06/2023 06:00:00

Berlusconi, i rapporti con Cosa nostra e i processi in Sicilia e non solo

Sono tanti i processi, diretti e indiretti, come quello all’ex senatore Marcello dell’Utri, che hanno visto coinvolto Silvio Berlusconi, morto lunedì scorso all'età di 86 anni. Berlusconi in aula sulla sua possibile conoscenza di fatti che mettessero in collegamento Dell’Utri e i boss mafiosi non ha mai risposto ai giudici, avvalendosi della facoltà di non rispondere.

Ma sugli stessi incontri di Berlusconi con esponenti di Cosa Nostra, c’è la stessa Corte di Cassazione che ha confermato nel processo a Dell’Utri, come nel 1974, Silvio Berlusconi incontrò a Milano Stefano Bontate per chiedere protezione, era la stagione dei sequestri e Berlusconi, anziché rivolgersi alle Forze dell’Ordine, si rivolse a Marcello Dell’Utri che nel giro di poco tempo fece arrivare da Palermo Vittorio Mangano che, ufficialmente impiegato come stalliere, aveva il compito di portare i figli del Cavaliere a scuola e di sovraintendere alla sicurezza di Berlusconi e della sua famiglia. Berlusconi nelle aule di tribunale non ha mai raccontato nulla di questa vicenda della protezione, non lo ha fatto nel processo sulla “Trattativa” e non lo ha fatto nemmeno al processo allo stesso Dell’Utri.  L’esponente di Pubblitalia e tra i fondatori di Forza Italia, per i giudici di Palermo è stato un mediatore tra un accordo che vedeva da un lato i boss mafiosi e dall’altro Berlusconi.

Il racconto del pentito Francesco Di Carlo - "Si tenne fra il 16 e il 29 maggio 1974», annotano i giudici. C’erano Dell’Utri, i mafiosi Gaetano Cinà (grande amico di Dell’Utri), Stefano Bontate, Girolamo Teresi e Di Carlo". Fu così che arrivò il boss Vittorio Mangano nella villa di Arcore di Berlusconi. «In cambio della protezione assicurata — scrive ancora la Cassazione — Berlusconi aveva iniziato a corrispondere agli esponenti di Cosa nostra palermitana, per il tramite di Dell’Utri, cospicue somme di denaro che venivano materialmente riscosse da Cinà». Negli anni Settanta, per proteggere la famiglia a Milano. Negli anni Ottanta, per proteggere i ripetitori delle reti Fininvest in Sicilia. Circostanze sempre negate da Dell’Utri e Berlusconi.

La Cassazione ha confermato il flusso di denaro da Milano a Palermo – Una verità giudiziaria confermata dalla Cassazione con tanti milioni di lire che da Milano partivano per Palermo. Duecento milioni sarebbero arrivati tra il 1989 e il 1992: «Consegnati a Cinà — ha scritto la corte d’appello di Palermo — e, tramite Di Napoli, a Raffaele Ganci, che li dava infine a Salvatore Riina». E sui pagamenti di Berlusconi ai boss c’è anche l’episodio raccontato da Giovanni Paparcuri, un collaboratore del giudice Giovani Falcone, che trovò ritrovò al palazzo di giustizia un appunto del magistrato ucciso a Capaci, sulle dichiarazioni del pentito Francesco Marino Mannoia. Su quel biglietto svelato da Repubblica c’era scritto: “Michele Graviano (il padre dei Graviano) ha perso una gamba per mettere una carica esplosiva”. E sempre nello stesso biglietto un altro appunto: “Cinà in buoni rapporti con Berlusconi. Berlusconi dà 20 milioni ai Grado e anche a Vittorio Mangano». Gli appunti su Berlusconi e il padre dei Graviano sono rimasti fuori dai verbali di quei giorni, era la fine del 1989. Non ne parlerà nemmeno lo stesso Mannoia quando verrà citato al processo nei confronti di Marcello Dell’Utri.

La nuova indagine dei giudici di Firenze, che riguardava sempre Berlusconi e la mafia, ha portato ad un ipotetico capo d’accusa come «mandante occulto» delle stragi del 1993. E' questa l’accusa che Silvio Berlusconi considerava più infamante e attorno a queste indagini ci sarebbe la ricerca di una fotografia, che sarebbe stata in mano di Salvatore Baiardo, il fiancheggiatore dei Fratelli Graviano che ha “annunciato” in tv l’arresto di Matteo Messina Denaro. Berlusconi in quella foto sarebbe immortalato con Giuseppe Graviano uno dei boss condannati per quegli attentati e il generale dei carabinieri Delfino. Graviano, tra l’altro pur non essendo collaboratore di giustizia, ha raccontato di aver incontrato, mentre era latitante, l’allora imprenditore e futuro presidente del consiglio. Per parlare di vecchi investimenti di suo nonno nei progetti imprenditoriali del Cavaliere. Nel 2009 anche il pentito Gaspare Spatuzza aveva raccontato che sempre Graviano gli aveva confidato, nell’autunno 1993, che i mafiosi s’erano «messi il Paese nelle mani», grazie a un accordo politico raggiunto «con Berlusconi, quello di Canale 5, e il nostro compaesano Dell’Utri».

Le tante indagini su Berlusconi e Marcello Dell'Utri - I magistrati fiorentini, dopo la riapertura delle indagini nel 2017, cercavano conferme alle dichiarazioni di Graviano nel processo ”’Ndrangheta stragista” relative a una ‘scrittura privata’ che proverebbe la consegna di 20 miliardi di lire al Cav. da parte del boss di Brancaccio. La riapertura dell’inchiesta è avvenuta sulla base delle intercettazioni in carcere di Giuseppe Graviano, nell’ambito del processo sulla cosiddetta ”trattativa Stato-mafia”, in cui il boss, conversando con il camorrista Umberto Adinolfi, aveva parlato di una ”cortesia” (piazzare le bombe a Firenze, Roma e Milano) chiesta a lui da Berlusconi, in procinto di scendere in campo. Ma la procura fiorentina aveva già indagato su Berlusconi (e Dell’Utri) una prima volta nel 1997, iscrivendoli nel registro degli indagati con le sigle ”Autore 1” e ”Autore 2”. Nel 1998 l’inchiesta è stata archiviata. Una seconda volta Berlusconi è stato indagato a Firenze nel 2008, dopo che il pentito Gaspare Spatuzza ha riferito ai magistrati ciò che gli avrebbe detto Graviano, e cioè che ”con Berlusconi e Dell’Utri” la mafia si era messa ”il Paese nelle mani”. Anche in questo caso è finita con l’archiviazione. Ma – sostiene ancora l’Adnkronos – anche la procura di Caltanissetta ha indagato su Berlusconi e Dell’Utri quali ”mandanti a volto coperto” delle stragi, in questo caso indicati come ”alfa” e ”beta”. I giudici hanno archiviato l’inchiesta nel 2002 accogliendo la stessa richiesta dei pm. Infine, Silvio Berlusconi, poco dopo la sua discesa in campo nel 1994, è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa anche alla procura di Palermo, che ha poi chiesto ed ottenuto l’archiviazione. Al di là delle ricostruzioni di agenzia, il nome di Berlusconi è risuonato spesso anche nelle aule di giustizia calabresi, dal processo “Breakfast” – nel corso del quale venne anche chiamato a deporre a Reggio Calabria nell’ambito del procedimento a carico dell’ex ministro Claudio Scajola, accusato di avere favorito la latitanza dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, latitante a Dubai dopo una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa – per arrivare al processo “Ndrangheta stragista” nel corso del quale alcuni pentiti hanno evocato i presunti rapporti del Cavaliere con la mafia.

L'avvocato di Berlusconi Franco Coppi - Lo storico avvocato di Berlusconi è freddo riguardo le ipotesi di complotto della magistratura contro del cavaliere: «Parto dall’idea che si vive in collettività e che si può essere chiamati a rendere conto. Soprattutto se hai un ruolo pubblico. Non ho mai visto tutto questo come un complotto o come un attentato giudiziario alla vita politica del Paese. Non avevo tempo da perdere nel pensare a cosa ci poteva essere dietro alle accuse, mi bastava il davanti». Dice che lo ha visto l’ultima volta «qui a Roma poco prima del ricovero per fare il punto della situazione». E rivela che «c’erano state le sentenze favorevoli di Siena e di Roma. Il problema erano gli eventuali appelli di queste sentenze e le voci che circolavano su un fascicolo aperto dalla procura di Firenze sulle stragi di terrorismo del ’93 su cui non abbiamo avuto nessun avviso di garanzia né conferme sul suo eventuale coinvolgimento. Era amareggiato». L'inchiesta di cui parla Coppi è il fascicolo di indagine sulle stragi di via dei Georgofili, di Roma e di Milano che risalgono al 1993. Berlusconi era indagato almeno dal 2019 insieme a Marcello Dell’Utri. La vicenda è tornata d’attualità dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro