Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
30/06/2023 06:00:00

Miccichè e la droga, il caso che imbarazza la politica siciliana

Gianfranco Miccichè è nel vortice di un imbarazzante caso di assunzione di sostanza stupefacente. Potrebbe non essere rilevante l’uso personale se non per la salute stessa ma in questo caso si tratta di un politico siciliano che è stato presidente dell’ARS, che ha goduto e gode di tanti privilegi, che però ora è stato pure messo all’angolo del suo partito.

Miccichè incarna un pò la politica tutta, non per l’uso della sostanza, ma per il mancato rispetto che si ha del ruolo ricoperto, in rappresentanza dei siciliani, per la responsabilità rivestita, per il decoro che è venuto meno.

E’ questo quello per cui i i siciliani dovrebbero indignarsi, amministrare e rappresentare le istituzioni dovrebbe essere un onore, non deludere i cittadini, avere un comportamento etico e morale ineccepibile la regola. Altrimenti sarebbe il caso di non candidarsi nemmeno a rappresentare se stessi, rimanendo comodamente seduti sul proprio divano. A farsi i fatti propri.

Miccichè pare fosse un assiduo cliente dello chef Mario Di Ferro: chiamava Di Ferro, quest’ultimo gli spacciatori, subito dopo arrivava Miccichè, in auto blu con l’autista. Il racconto solo a leggerlo è raccapricciante, si trattava del presidente dell’Assemblea Siciliana, di un uomo potente, di una carica istituzionale che rappresenta il Parlamento più antico d’Europa.

La notizia ha scombussolato Palermo, ha messo sottosopra tutta la politica regionale, Miccichè ha rilasciato ieri una dichiarazione: "Non andavo da Di Ferro per comprare droga, certamente. Non andavo lì per rifornirmi. Non capisco come si possa affermarlo. Escludo di avere usato macchine con lampeggianti per queste cose, comunque”.

In ogni caso Miccichè non risulta indagato ma le ombre sul suo operato politico, sulla sua adeguatezza sono tutte lì. Parla di assunzione in piccole quantità da giovane, un problema che adesso non gli appartiene più, visto che ne ha 70.

Quello che verrà fuori, nel proseguo delle indagini, sarà attinente alla materia giudiziaria ma quello che emerge chiaramente non è solo un imbarazzo politico ma anche avere minato la trasparente e decorosa rappresentanza delle istituzioni. Un presidente dell’ARS che frequenta anche solo feste dove ci sono fiumi di cocaina mette a rischio la credibilità di ciò che rappresenta. Perchè quando si è a certi livelli di rappresentanza non esiste più la differenza tra vita pubblica e privata, i comportamenti devono essere integerrimi, non si possono perimetrare ambienti borderline.

Se poi arrivano giudizi anche rigidi bisogna incassare, Miccichè ha dichiarato di non avere assunto cocaina o altro tipo di droga ma di avere solo partecipato alle feste. Ecco, magari ne avesse frequentata qualcuna di meno oggi non si parlerebbe di lui.

La politica non è mai affare personale e buona decenza vuole che neanche a casa propria si può fare ciò che si vuole.