“Ho paura, giro scortata”. E’ una deposizione shock, leggendola oggi, quella di Marisa Leo, nel processo per stalking contro l’ex Angelo Reina che mercoledì l’ha uccisa a colpi di fucile a Marsala e poi si è tolto la vita.
Marisa Leo aveva denunciato l’ex compagno perchè la perseguitava, non la lasciava in pace. Durante l’udienza del processo la donna di Salemi, due anni fa, ribadisce ciò che aveva scritto nella denuncia presentata nel 2020. Il processo si concluse con un “non luogo a procedere” nel 2022, dopo che Marisa aveva ritirato la querela, voleva dare un’altra possibilità a Reina, non tanto per il loro rapporto, burrascoso e ormai sfaldato, ma per la bambina. Non voleva, raccontano oggi gli amici, che la bambina crescesse con un padre condannato. Nel frattempo soffriva, e gli amici lo vedevano. Vedevano che non stava tranquilla, l’avevano avvisata.
La denuncia è scattata dopo l’ennesimo terribile episodio che Marisa in aula descrive come “un’esperienza molto difficile”. E’ il maggio 2020, qualche giorno prima Marisa aveva chiesto che il questore emettesse un ammonimento contro l’ex compagno. Marisa è in auto con la figlia, fa una passeggiata. Si accorge “dallo specchietto retrovisore che lui mi seguiva da lontano, poi ha iniziato ad avvicinarsi sempre di più e mi taglia quasi la strada. Sono costretta a bloccarmi. Scende dalla macchina e prova ad aprire lo sportello. Era totalmente fuori controllo”. A soccorrerla un benzinaio, mentre la figlia piangeva sul sedile di dietro.
Una relazione tormentata a burrascosa, iniziata nel 2016. Angelo Reina “intratteneva dei rapporti ambigui” con un’altra donna. “Mi illudevo che la gravidanza potesse cambiarlo”. Poi la fine della relazione, per i troppi “comportamenti irrispettosi”. Angelo Reina non ci sta. “Mi scriveva tanti messaggi, in uno diceva che si sarebbe fatto fuori se io non fossi tornata con lui”. Marisa aveva come un senso di colpa, temeva che potesse togliersi la vita. Un altro episodio, nell’estate 2019: “è salito fino al pianerottolo, voleva a tutti i costi tornare con me, mi ha preso con forza dalle spalle e ho chiamato mia madre piangendo”. Anche dopo la nascita della bambina si è verificato un episodio del genere: “ha iniziato ad urlare dietro la porta, io ero con mia madre e nostra figlia, ero spaventata”. Da lì Marisa ha iniziato ad avere molta più paura, e ha preso coscienza che da sola non poteva affrontare questa situazione: “ho chiesto aiuto alla mia famiglia, alla sua famiglia, dicevo parlate con lui, fatelo ragionare. Poi ho chiesto aiuto a un avvocato”. Stabilirono giorni e orari di visita del padre. Un altro episodio inquietante: “lui guardava delle armi e mi disse che frequentava il poligono di tiro”.
Le telefonate si sono fatte più insistenti e sono iniziati i pedinamenti. Un giorno Reina è entrato nel garage della casa dei genitori di Marisa. “Non sono uscita più, mio padre controllava il garage che non ci fosse nessuno, i miei genitori salivano fin su al pianerottolo e io camminavo sempre scortata". Marisa ha dovuto anche rinunciare al lavoro per un periodo. La cantina Colomba Bianca della quale era responsabile marketing e comunicazione le consentì di lavorare in smart working. A poco a poco aveva ripreso ad uscire, ma con precauzioni. Mai da sola: “Cammino con una telecamera in macchina, perchè se dovesse accadere qualcosa almeno viene ripreso”. Poi decide di ritirare la querela. La relazione con Angelo Reina era finita, non era un buon compagno, ma voleva dargli la possibilità di essere un buon padre. Sembra avessero trovato un po’ di pace. La figlioletta vedeva il padre con regolarità. Poi, mercoledì la tragedia. Reina chiede di vedersi, con la scusa di decidere come e quando vedere la figlia, prende una carabina calibro 22 e spara.
E’ un omicidio che preparava da tempo quello che ha commesso Angelo Reina, secondo quanto emerge dalle indagini condotte dalla squadra mobile di Trapani.
Reina, nelle ultime settimane, aveva noleggiato un'auto e a bordo i poliziotti hanno trovato altri proiettili della stessa arma utilizzata per uccidere la Leo. E' stato lo stesso titolare dell'agenzia di noleggio a presentarsi davanti agli investigatori. Ma Reina aveva anche fatto pedinare l'ex compagna con un investigatore privato. L'uomo si è presentato spontaneamente in questura a Trapani. “Reina mi ha ingannato. Voleva sapere se la compagna avesse un altro uomo” avrebbe raccontato agli investigatori, come riporta Repubblica. “Mi aveva detto che stavano insieme, mi contattò a luglio”. L’investigatore ha fatto il suo lavoro: “era una gran brava donna, una lavoratrice dedita alla sua azienda e una grande madre”. L’investigatore privato rassicura che non c’era nessun uomo nella vita della donna. Ma l’ex compagno non si fida. Reina, nelle ultime settimane, aveva noleggiato un’auto al cui interno la polizia ha trovato altri proiettili della stessa arma utilizzata per uccidere la donna.
A bordo della Porsche Cayenne utilizzata la sera dell’omicidio-suicidio, invece, i poliziotti hanno trovato sia la carabina che una pistola, armi non legalmente detenute.
La salma di Marisa Leo, intanto, è stata già trasferita dal cimitero di Marsala all’obitorio della medicina legale di Palermo dove si terrà l’autopsia, che dovrebbe essere eseguita lunedì.
Venerdì 15 settembre, invece, a Salemi, ci sarà una fiaccolata per ricordare Marisa. Il raduno, alle ore 19:00, in Piazza Padre Pio, per rendere omaggio alla memoria di Marisa e di tutte le altre vittime di femminicidio.
“Vogliamo ricordare Marisa, come madre gioiosa, affermata professionista, donna intraprendente e radiosa attivista contro la violenza di genere, con le sue stesse parole: “La parità con l’uomo non esiste, ma non sarà sempre così. Questo pensiero è dedicato alle donne coraggiose che conosco e che sono fonte di ispirazione per me”” è il messaggio del circolo Arci di Salemi che ha organizzato la fiaccolata.