Riceviamo e pubblichiamo, da Antonella Lusseri:
Nella foto insieme Marisa è al timone in un bellissimo mare aperto. È lo scatto che meglio racconta questo dramma. Poteva scegliere di andare ovunque ma ha voluto seguire il suo sogno d'amore. Ne era dipendente e, nonostante i numerosi tentativi di chiudere il rapporto, tornava sempre con lui.
Perché non è per nulla facile svincolarsi da un narcisista manipolatore quando sei succube del sentimento. E la mente folle ma sopraffine di quest'uomo lo sapeva, così per anni è riuscito a portarla dove lui voleva accecandola con momenti di vita dove prevaleva il bello. In questo fatto di cronaca il termine specifico è vittima...nella vita è un maledetto, un tormentato, un ossessionato, uno psicopatico silente per nulla aggressivo o violento, peggio ancora imprevedibile. Agli occhi di noi amiche è pericolo.
Mi sono arrabbiata con lei quando ritirò la denuncia penale; per farglielo capire mi allontanai. All'epoca dello speronamento, con la bimba appena nata, i carabinieri scoprirono che frequentava il poligono e la cosa mi impressionó per un tipo come lui. Per Marisa valse l'amore genitoriale confidando nei supporti giuridici che le sono stati dati. Con il suo finto essere bravo padre ha ingannato lei e tutti gli altri. Cosa ne sa di essere genitore uno che ha perso il padre prematuramente e ha vissuto nell'ombra di un rapporto inesistente con la madre? Per lui non è stato un problema immaginare Alice orfana, lui un certo affetto non sapeva neanche immaginarlo. Di certo non tutte le persone prive di genitori sono portate a sviluppare certi atteggiamenti. Ma in lui spiccava un certo disprezzo nell'approccio con le donne, prima e durante lei, che si manifestava in comportamenti maniacali, inquietanti.
Questa relazione con Marisa è stato un modo per affermare il suo io malato e perverso anche nei confronti dei genitori di lei che si sono fatti in quattro per il bene della figlia e della nipote: una sfida tra bene e male. Era tossico quest'uomo,alienato, strano. Era in questa relazione non per farla funzionare ma per viverla come rifugio a modo suo, lontano dai concetti di rispetto, di dolcezza, di comprensione che l'amore vero possiede. Si sfamava dell'amore e della luce di Marisa per allontanarsi una volta sazio e tornare nel suo mondo contorto.
L'amore vero non è dipendenza affettiva, non è ossessione, non è imporre il proprio essere e disintegrare l'identità del partner. Davanti ad un rapporto tossico bisogna scappare al primo segnale, chiuderlo. Accanirsi nel vivere un tormento è già un suicidio. Amate come ha fatto Marisa ma aprite gli occhi e siate più forti del richiamo di una dipendenza, che come altre, porta alla morte!
Antonella e Marisa