Dopo quasi dieci mesi la Corte di Cassazione ha pubblicato le motivazioni con le quali è stato condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, a sei anni, l'ex senatore trapanese Antonio D'Alì, attualmente ristretto al carcere di Opera, a Milano.
Nelle 24 pagine i giudici respingono i due ricorsi degli avvocati Aricò e Rallo e confermano la bontà dell'impianto della condanna in appello, dove, in pratica è sancito dal punto di vista giudiziario che d’Alì ha stretto con Cosa nostra un patto politico-mafioso grazie al quale il clan gli ha garantito un appoggio elettorale.
Regge, pertanto anche l'impianto della sentenza dell’appello bis secondo la quale le fortune politiche di D’Alì, sono state, in parte, costruite grazie ad un accorso con la mafia, con alcuni episodi chiave come la vicenda del fondo Zangara, relativa all’accusa di aver ceduto i terreni - che la famiglia D'Alì possedeva in contrada Zangara a Castelvetrano - a Francesco Geraci, prestanome di Salvatore Riina, su espresso mandato di Matteo Messina Denaro, il cui padre era il custode dei terreni della famiglia dell’ex senatore.
Sulla vicenda D'Alì abbiamo dedicato una lunga ricostruzione a puntate su Tp24.