La norma contro il caro voli contenuta nel cosiddetto decreto Omnibus del 7 agosto e fortemente contestata dalle compagnie low cost potrebbe aver penalizzato coloro che acquistano i biglietti con largo anticipo e salvaguardato chi invece ha acquistato i biglietti aerei a ridosso del volo. Lo si evince da uno studio presentato a Palermo nel corso del Fact Book 2023 organizzato dal centro ITSM (Iccsai Trasport and Sustainable Mobility Center).
Lo studio, curato da Stefano Paleari dell’ITSM, ha monitorato i prezzi offerti nei 30 giorni antecedenti il volo dalle compagnie aeree operanti sulle maggiori rotte domestiche: il campione, viene spiegato, copre 150 rotte domestiche che rappresentano più del 65% dei movimenti e dei posti offerti.
«Nel corso del mese di agosto, in concomitanza con l’entrata in vigore del decreto Omnibus, tutti i vettori hanno innalzato le tariffe a 30 giorni dal volo e ridotto quelle a ridosso delle partenze – spiega lo studio –. Il tema dei prezzi va affrontato con investimenti e capacità: la rigidità delle infrastrutture è infatti il propellente del rialzo dei prezzi».
Quanto costa viaggiare in aereo
La questione delle tariffe, che tanto ha fatto discutere e continua a farlo, è adeguatamente approfondito dallo studio. Nel loro complesso, le tariffe medie sono molto competitive, si legge: 0,29 euro a chilometro per ITA (56 rotte monitorate), 0,16 euro a chilometro per Ryanair (50 rotte) e easyJet (18 rotte), 0,08 euro a chilometro per Wizz Air (13 rotte). «Il forte dynamic pricing depotenzia il valore della tariffa media, soprattutto a livello comunicativo – si legge ancora nello studio –. Rispetto al 2019, nel 2023, sulle rotte domestiche Ryanair ha praticato un aggressivo dynamic pricing incrementando le tariffe medie nei 10 giorni precedenti il volo, a differenza di easyJet che è risultata stabile. Un simile andamento si osserva per le rotte internazionali».
Dinamiche di maggiore interesse emergono confrontando l’andamento delle tariffe medie per regione con quelle offerte sui medesimi collegamenti nel corso del 2019: Sardegna e Sicilia, considerati tutti i vettori, sono le regioni con il maggior incremento tariffario tra il 2023 e il 2019 nei 10 giorni precedenti il volo. Fenomeno che raggiunge l’apice nel giorno antecedente il volo con incrementi fino al +30-40% mentre per collegamenti verso la Puglia e la Calabria (oltre che più in generale per i collegamenti domestici), i prezzi 2023 risultano leggermente inferiori rispetto al 2019 nei 10 giorni antecedenti il volo.
Gli aeroporti siciliani e i collegamenti interni
Ma c’è un altro tema, anzi forse più di uno, che merita di essere approfondito e che coinvolge i due principali aeroporti siciliani (e del Mezzogiorno, se guardiamo i numeri di crescita): quello di Palermo e quello di Catania. Il tema della raggiungibilità e se vogliamo della possibile connessione che sono esplosi quest’estate a causa dell’incendio all’aeroporto di Catania. Gli aeroporti siciliani nel decennio trascorso (2012-2022) sono cresciuti più della media italiana (+4.4% Palermo e 4.9% Catania vs +1.8% Italia) ma in parallelo non è cresciuta la rete infrastrutturale siciliana e restano altri nodi.
Se guardiamo alla popolazione raggiungibile vediamo che partendo dall’aeroporto di Catania è possibile raggiungere 1.3 milioni di persone entro un’ora di viaggio e 2.7 milioni con due ore. L’aeroporto di Palermo conta invece su una popolazione entro le due ore di quasi 1.8 milioni di persone. «Comparativamente – spiegano gli esperti –, Palermo ha un significativo deficit di raggiungibilità, con un significativo gap soprattutto nella fascia 90’-150’. A 3 ore, Palermo “cattura” solo 3.7 milioni di abitanti contro i 4.3 di Catania (quasi tutti gli abitanti siciliani). Fatto 100 la popolazione raggiungibile da Palermo entro le 2 ore, l’88% risulta raggiungibile entro un ora anche da Trapani. Ciò porta a catchment area pressoché totalmente sovrapposte. Per Catania, il 72% della popolazione raggiungibile entro le 2 ore è raggiungibile entro un’ora anche da Comiso». Considerando la sovrapposizione dei bacini d’utenza a 60 minuti, mentre Catania e Comiso (dove si trova l’altro aeroporto) sono poco sovrapposti, Palermo e Trapani lo sono significativamente». La Sicilia, a 90 minuti, lascia scoperto tutto l’agrigentino e il nord est messinese, tra Cefalù e Capo d’Orlando (quindi tutta l’area popolosa e turisticamente interessante dei Nebrodi). Nessun aeroporto siciliano riesce a servire la provincia di Agrigento: la con-accessibilità della provincia è tale da farne un territorio relativamente isolato (0.5 di con-accessibilità domestica e 0.36 intra-europea).
Altro dato interessante: i due aeroporti (Palermo e Catania) sono molto polarizzati sul domestico e presentano una connettività internazionale insufficiente (0.24 Palermo, 0.38 Catania; Napoli 0.58, Bologna 0.59, Bari 0.29). Le offerte di Palermo e Catania sono molto sovrapposte ed è difficile a livello regionale parlare di “specializzazioni aeroportuali” per cliente, vettore o destinazione. In termine di competizione fra le compagnie aeree, Palermo sconta la più alta dipendenza dal primo vettore (Ryanair al 52.8% dei posti offerti e ASK). Questo valore si assesta al 33.2% a Catania ed è generalmente compreso fra il 20 e il 40% negli altri aeroporti benchmark.
Sicilia, indice di intensità turistica modesto
Un altro ragionamento ha riguardato quello che gli esperti chiamano indice di intensità turistica definito «come rapporto fra il numero di arrivi e la popolazione residente». La Sicilia ha livelli di intensità turistica incredibilmente modesti rispetto a tutti gli aeroporti benchmark: «Posta a 1 la media europea (di 2.2 arrivi ogni abitante), Palma e Ibiza sono a 4.7, Rodi a 10 e Heraklion a 4.4. Palermo e Catania si fermano a 0.5. Cagliari mostra un intensità turistica allineata alla media europea. Scomponendo la Sicilia in Province, l’intensità turistica va da un massimo di Trapani (0.73) a un minimo di Caltanissetta (0.11)».
«Se non avessimo l’aereo in Sicilia questi 20 milioni di passeggeri non si saprebbe come farli viaggiare perché pur essendoci un incremento del navale e del ferroviario non è sufficiente a coprire soprattutto la domanda di arrivo in Sicilia che è ancora infinitamente più bassa di quella che potrebbe essere – dice Vito Riggio, ex presidente dell’Enac e oggi amministratore delegato di Gesap che gestisce l’aeroporto di Palermo –. Un altro dato che mi ha colpito, cioè l’indice di attrattività turistica siciliana è ancora molto basso, ma non perché manchi il sistema aeroportuale. Ma perché manca tutto il contorno. Un ritardo del pubblico come tale perché il pubblico non fa bene quello che dovrebbe fare. Cioè non fa infrastrutture primarie, non fa le fognature, non fa le strade».
Dal Sole24ore