C’è una parola che, nelle agende dei governi, mette tutti d’accordo, ed è utile a calmare gli animi, sedare le risse su nomine e poltrone. E la parola è: sanatoria. O condono, se preferite. In Sicilia sanatoria è una parola magica, che ritorna, come un mantra, non ogni legislatura, ma ogni anno. Anzi, se uno scartabella un po’ gli almanacchi, il periodo è questo: fine ottobre. Ogni anno, in Sicilia a fine ottobre, qualcuno propone un bel condono edilizio.
Il periodo non è casuale, è infatti quello in cui si presentano le leggi finanziarie, i documenti contabili e le variazioni di bilancio, e in una Regione perennemente alla ricerca di risorse, qualcuno tira fuori la questione della sanatoria degli immobili abusivi. In particolare di quelli realizzati entro i centocinquanta metri dal mare e che, in virtù di una legge regionale del 1976, andrebbero abbattuti. Il condizionale è necessario. Perché poi di abbattimenti in questi anni se ne sono visti pochi. E quindi la situazione è scappata di mano.
Ormai è una questione di ordine pubblico. Sono duecentocinquantamila gli immobili abusivi insanabili in Sicilia, quelli che andrebbero abbattuti. Sono villette, case, anche palazzi, costruiti sulla costa, o in spiaggia, in spregio alle norme urbanistiche. Su alcuni pendono ordinanze di demolizione di quaranta anni fa. Il classico gioco delle parti. Il costruttore che sa di commettere un abuso, ma che ha ampie garanzie che nessuno verrà a disturbarlo. Il Sindaco che, magari pressato da una possibile inchiesta per omissione di atti d’ufficio, emette accertamenti, ordinanze, fino a prevedere la demolizione (ma tutto con molta calma. Una classica variante sul tema, ad esempio, prevede che si, il sindaco ordina la demolizione, ma prende atto di non avere le risorse in bilancio, e quindi, rinvia). Tutto che rimane com’è. Tranne, ogni tanto, la demolizione simbolica di qualche manufatto già cadente di suo, a uso di fotografi e autorità.
La tragedia di Ischia, nemmeno un anno fa, sembra non aver insegnato nulla. L’isola campana mostrò ancora una volta che la disastrosa gestione del territorio e il cambiamento climatico sono ormai un cocktail micidiale, una bomba innescata pronta a esplodere. Proprio in quell’occasione il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, annunciò stanziamenti eccezionali per i sindaci che chiedevano fondi per abbattere gli immobili abusivi. Per la Sicilia arrivarono trecentomila euro. Ovvero, a occhio e croce, quanto basta per abbattere dodici immobili. E adesso, calmate le acque, i politici siciliani ci riprovano.
È di pochi giorni fa, infatti, l’ennesimo emendamento, a firma del capogruppo di Fratelli d’Italia all’ARS, che propone di salvare dalle ruspe gli edifici insanabili costruiti sulle spiagge dopo il vincolo di inedificabilità imposto nel 1976 e prima del 1985, anno del primo grande condono italiano (dopo quella data, la legge Galasso ha definitivamente vietato di realizzare immobili sulle spiagge, ampliando il limite ai trecento metri). Il tutto sulla base di una interpretazione autentica della legge relativa al primo condono.
Insomma, dal punto di vista dell’architettura legale, è una finezza. Hanno studiato. È un lasciapassare per circa trentamila immobili. Secondo la maggioranza, non si tratta di una sanatoria ma di una legge necessaria a risolvere pendenze amministrative e giudiziarie che risalgono a quaranta anni fa.
Secondo gli ultimi dati disponibili, forniti da Legambiente, in Sicilia nel 2022 sono stati accertati millecinquantasette reati legati all’abusivismo edilizio, ovvero il 25,7 per cento in più rispetto all’anno precedente, alla media di 3,8 al giorno, milletrentasei persone denunciate e centoquarantuno sequestri effettuati. Sono stati contestati millecentonovantasette illeciti amministrativi e sono state elevate cinquemilacentottantatré sanzioni.
È anche per questo che da Legambiente commentano la proposta di sanatoria come «una nuova aggressione al territorio».«La Sicilia – scrivono in una nota i vertici dell’associazione – ha bisogno non di condoni ma di legalità». Il riferimento è al rapporto tra ordinanze di demolizione e la loro materiale esecuzione, che ha il record negativo isolano e italiano a Catania: solo il cinque per cento delle ordinanze vengono eseguite.
Ma alla Regione vanno avanti. Nel 2021, due anni fa, un tentativo l’aveva fatto anche Nello Musumeci, oggi ministro della Protezione Civile, e a bloccarlo fu la Corte Costituzionale. Oggi, invece, sembra quasi ci sia una manovra concentrica. Sempre dalla maggioranza viene infatti un’altra proposta: una norma che consentirà di abbattere e ricostruire gli immobili aumentandone del trenta per cento la cubatura e un’altra che permetterà a chi ha una casa in attesa di condono di realizzare opere al suo interno, regolarmente autorizzate dai Comuni. Si chiama tecnicamente sanatoria giurisprudenziale, che non cassa gli effetti penali dell’abuso.
Anche i sindaci sono contrari, e chiedono un tavolo alla Regione, soprattutto per capire gli effetti che una sanatoria edilizia potrebbe avere nell’ingolfare gli uffici tecnici dei Comuni già in tilt con i progetti per i vari bandi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E scende in campo il presidente della Regione Renato Schifani: «Non è un condono, attenzione con le parole. È mettere ordine su una confusione legislativa che ha indotto persone a potere costruire, in buona fede, sul presupposto che la norma glielo consentisse. Mi sento di dire che si tratta di una proposta di buon senso», ha aggiunto.
Nel frattempo, c’è un sindaco che, solitario, ha deciso di andare avanti con il ripristino della legalità e gli abbattimenti. Ha messo i soldi in bilancio. E non si ferma. È il primo cittadino di Carini, in provincia di Palermo. Si chiama Giovì Monteleone. Nei giorni scorsi sono state avviate le demolizioni di altre sei case abusive costruite sulla costa. Poi sarà il turno di un insediamento abitativo composto da ben otto casette (alcune prefabbricate e alcune in muratura) che si trova sul lungomare Cristoforo Colombo.
Sulla sanatoria ha le idee chiare: «È una follia perché significa vanificare tanto lavoro svolto per ripristinare le spiagge. È un’ingiustizia nei confronti di chi vuole fruire del mare per la balneazione e anche nei confronti degli stessi abusivi che già hanno subìto le demolizioni. Inoltre istiga i destinatari delle ordinanze di demolizioni a resistere in sede amministrativa rallentando le procedure avviate con tanta fatica. Voglio sperare che l’assemblea regionale abbia il buon senso di respingere questa provocazione nell’interesse dell’ambiente e nell’interesse della Sicilia e dei siciliani per i quali, ricordo, il mare è la principale risorsa di vita e fonte di lavoro».