Comparirà oggi davanti al Giudice delle Udienze Preliminari, a Palermo, Giovanni Luppino, l'uomo che ha accompagnato Matteo Messina Denaro alla clinica La Maddalena il giorno in cui il boss venne arrestato.
Luppino, che fece da autista al capomafia che si spostava da Campobello di Mazara a Palermo per essere sottoposto alla chemioterapia, inizialmente era accusato di favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena.
Recentemente i pm gli hanno contestato anche l'associazione mafiosa.
Luppino, imprenditore agricolo finito in cella il 16 gennaio, giorno dell'arresto di Messina Denaro, ha sostenuto di avere conosciuto l'uomo poi portato in clinica col nome di Francesco tramite Andrea Bonafede (l'uomo che ha prestato l'alias al boss) e di non averlo pù visto per mesi. "E' venuto domenica sera, a dirmi di portarlo alla casa di cura per le terapie e io l'ho fatto", disse al gip durante l'interrogatorio di garanzia. Solo vedendo i militari Luppino avrebbe chiesto al conoscente se cercavano lui. E Messina Denaro avrebbe finalmente fatto capire la sua vera identità. Tutte bugie per i pm, che peraltro gli hanno trovato addosso due cellulari in modalità aerea, un coltello a serramanico e alcuni documenti.
Il Gip nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dopo l'arresto in flagranza scrisse: "La versione dei fatti fornita dall'indagato è macroscopicamente inveritiera, non essendo credibile che qualcuno, senza preavviso, si presenti alle cinque del mattino a casa di uno sconosciuto per chiedergli la cortesia di accompagnarlo in ospedale per delle visite programmate, in assenza di una situazione di necessità e urgenza. Ma al di là di ogni considerazione logica, sono le risultanze investigative a fornire il dato decisivo, nella misura in cui il possesso del coltello e dei due cellulari - entrambi tenuti spenti ed in modalità aereo - suggeriscono che Luppino fosse talmente consapevole dell'identità del Messina Denaro da camminare armato e ricorrere ad un contegno di massima sicurezza per evitare possibili tracciamenti telefonici".
Dopo l'arresto, il suo avvocato Giuseppe Ferro ha detto che il suo assistito credeva che si trattasse del cognato di Andrea Bonafede. Gli sarebbe stato chiesto, a ragione delle sue condizioni precarie di salute, di accompagnarlo alla clinica La Maddalena di Palermo perché si sottoponesse alla chemioterapia. Ma Luppino ha accettato di rispondere alle domande degli investigatori prima di poter parlare con il suo avvocato. E ha ricostruito i fatti in modo talmente implausibile da lasciare molti sospetti su di lui.
Luppino all’inizio ha sostenuto la stessa cosa detta dal suo avvocato in udienza dal Gip. Ovvero che Andrea Bonafede gli aveva presentato sei mesi prima, a Giugno 2022, “Stefano” (ovvero Matteo Messina Denaro) come suo cognato. Luppino, che aveva aperto la porta ai due in vestaglia, è rimasto molto colpito dalla malattia dell’uomo perché la moglie è morta di cancro. E si è messo a disposizione. Fino all’alba del 16 gennaio, quando “Stefano” si è presentato senza preavviso in casa sua. E lui ha deciso sui due piedi di partire per Palermo. La versione non è considerata credibile dal pubblico ministero Pierangelo Padova. Perché questo significherebbe che Messina Denaro ha accettato di farsi portare a fare chemioterapia da una persona conosciuta di sfuggita sei mesi prima. Con il rischio che per un banale contrattempo saltasse tutto.