C’è anche un Comune di 657 anime, sul podio nazionale degli enti pubblici che gestiscono il maggior numero di beni confiscati alla mafia. È Roccella Valdemone, in provincia di Messina, a cui l’agenzia nazionale per i beni confiscati ha assegnato 285 immobili e soprattutto terreni sottratti a Cosa nostra e restituiti allo Stato. Tutti i dati sono contenuti in uno studio condotto dalla segreteria regionale dello Spi Cgil Sicilia e aggiornato al novembre 2023.
A guidare la classifica nazionale è Palermo, con 1558 beni confiscati, seguito da Reggio Calabria con 374 beni. Sui primi dieci Comuni, sei insistono nell’Isola, che da sola detiene il 38,81 per cento dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Per la maggior parte si tratta di immobili e terreni che versano in stato d’abbandono e su cui il sindacato dei pensionati pone diversi interrogativi, a partire dal fatto che «la nostra non vuole essere l’ennesima sterile denuncia – osserva Pippo Di Natale, della segreteria regionale – ma l’occasione per incentivare un lavoro sinergico tra istituzioni, mondo associativo e soggetti della rappresentanza, certi che possa dare ricchezza e lavoro alla nostra Regione. Il riappropriarsi dei beni sottratti illegalmente deve essere un imperativo che non può avere distrazioni, né momenti di stasi. Per questo abbiamo fortemente protestato contro la proposta di riprogrammazione del Pnrr del governo Meloni che puntava a cancellare il finanziamento destinato alla valorizzazione dei beni confiscati».
Che, nel frattempo, versano appunto in stato d’abbandono nella maggioranza dei casi. Su questo lo Spi pone diversi interrogativi al governo, all’agenzia nazionale per i beni confiscati e agli enti locali: quali erano in origine le finalità sociali per le quali il bene è stato assegnato? Quali le condizioni in cui versano oggi quei beni? Come si intende procedere?
«Siamo convinti che sul destino finale di questi beni si giochi gran parte della credibilità dello Stato nel contrasto alle mafie – aggiunge la segretaria generale del sindacato, Maria Concetta Balistreri – La Sicilia per i numeri che la riguardano rappresenta una frontiera. Perdere qua significa perdere la battaglia per la quale magistrati, forze dell’ordine, sindacalisti, semplici cittadini hanno dato il bene più prezioso: la vita. La legalità è un valore e un bene di tutti e per tutti. È per questo – conclude – che dedichiamo questo studio a Pio La Torre».