Errori giudiziari, pressioni psicologiche, maltrattamenti. Ma quella subita da Giuseppe Gulotta non sarebbe stata una tortura. E' quanto ha sentenziato il Tribunale civile di Firenze rigettando la maxi richiesta di risarcimento avanzata da Gulotta.
La sua è una storia incredibile. Gulotta ha trascorso 22 anni in carcere, da innocente. Era accusato assieme ad altri suoi coetanei di essere stato uno degli autori della strage della casermetta di Alcamo Marina, avvenuta nel gennaio del 1976, nella quale vennero uccisi i due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Gulotta venne condannato all’ergastolo. Ma nel 2011 ha ottenuto la revisione del processo e, due anni più tardi, è stato assolto.
Dopo aver vinto la battaglia per dimostrare la propria innocenza, Gulotta ne ha iniziata un’altra, per avere risarcito il danno che gli è stato fatto. Certo, una vita in carcere non può essere mai ripagata.
Gulotta ha così citato in giudizio, in sede civile, il Ministero dell’Interno, il ministero della difesa, il ministero dell’economia, la presidenza del consiglio dei ministri e i carabinieri che lo hanno arrestato e a suo dire anche picchiato e torturato per costringerlo a confessare di essere l’autore della strage della casermetta di Alcamo Marina.
Gulotta che nel processo in sede penale si è visto riconosciuto un risarcimento di 6,5 milioni di euro, in sede civile ha chiesto un maxi risarimento di 69 milioni di euro.
La richiesta di risarcimento oltre che per l’ingiusta detenzione è stata fatta anche per le torture subite in caserma da parte dei Carabinieri Scibilia, Pignatella e Provenzano. Il tribunale civile di Firenze (competente per territorio vista la carcerazione nell’istituto di San Gimignano) a luglio ha rigettato la sua richiesta di 69 milioni di euro di risarcimento danni condannandolo anche a 27mila euro (riuniti i tre giudizi separati) di spese di lite e di giudizio.
Gulotta chiedeva il maxi risarcimento soprattutto per le torture che avrebbe subito, ma per il giudice le torture non sarebbero state provate.
Nelle motivazioni viene ripercorsa la vicenda giudiziaria di Gulotta e degli altri ragazzi vittime dell’errore giudiziario, nonchè, ovviamente, le posizioni dei carabinieri coinvolti.
Per la giudice, però, non ci sarebbero prove necessarie che ci furono torture. Gulotta, si legge nella sentenza, porta come tesi “la mera produzione della sentenza. In nessun punto della citazione e della stessa sentenza assolutoria si parla di comportamenti specifici riferibili ai tre carabinieri” coinvolti “di cui si chiede la condanna risarcitoria”.
Insomma, il giudice nota che nella sentenza del processo ordinario non viene detto che Gulotta sia stato torturato.
“Leggendo detta sentenza effettivamente, come eccepito dai convenuti, non c’è alcun rigo in cui si descrivano le specifiche condotte dei tre Carabinieri oggi convenuti, riferite al Gulotta” scrive il tribunale.
“Si scrive che vi furono torture, si scrive che venne usata la tecnica in cassetta, ma senza riferirla al Gulotta anzi escludendola espressamente per il Gulotta”.
La sentenza si fonda sulla "deposizione postuma, largamente postuma di decenni" dell’ex brigadiere Olino, e “leggendo quella deposizione resa nel giudizio calabrese, anche Olino non dice mai che Gulotta venne sottoposto alla tecnica della cassetta ingerendo acqua e sale alla casermetta di Sirignano” sottolinea la giudice.
Lo stesso avvocato di Gulotta, Baldassare Lauria “non ha mai affermato che il Gulotta venne portato alla casermetta di Sirignano né che comunque fosse stato torturato con la tecnica della cassetta facendogli cioè ingerire acqua con sale sopra due bauli sovrapposti”.
Non hanno aiutato Gulotta neanche le dichiarazioni dell’ex carabiniere Renato Olino che riferiscono di torture, per il giudice sono contraddittorie.
Ci sono poi tutta una serie di dichiarazioni e circostanze che il giudice di primo grado ritiene non siano chiare per determinare un maxi risarcimento del genere.
Ma il giudice sottolinea “l’inadeguatezza del sistema penale italiano e della prescrizione penale ma non consente di annullare o bypassare l’istituto di decadenza e prescrizione dell’azione civile, posta a tutela della certezza del diritto".
Quello che si è chiuso a Firenze è il processo di primo grado. Gulotta, oggi 66enne, vuole andare fino in fondo. Fino ad avere il risarcimento per quanto ha subito. Ma un primo ostacolo si è posto davanti.