E’ nata da qualche giorno una associazione, presieduta da un giovane, Peppe Arangio, sulla violenza che gli uomini subiscono da alcune donne.
Ne sono nate una serie di denigrazioni, diffamazioni, derisioni sui social e non solo. Come se qualcuno potesse avere verità assolute in mano, come se la ragione fosse sempre e solo a una parte. Certamente la percentuale rispetto alla più drammatica e conosciuta violenza sulle donne, con reiterati femminicidio, è piccola ma non per questo non se ne deve parlare.
Ovvio che se dobbiamo misurare la violenza sulla mera forza fisica l’uomo la vince facile, ma la violenza ha tante facce e diversi paradigmi.
Di uomini educati ce ne sono, di uomini che rispettano le donne pure, specie quando queste mostrano punte di aggressività. Non possiamo nasconderci dietro l’ipocrisia che le donne siano tutte eccellenti angeli, persone di delicata umanità. Non è vero. Ci sono donne che sanno essere aggressive, ciniche, violente nei modi di fare e anche di dire. Una violenza psicologica che non appartiene come strumento solo all’uomo. Se parlarne è un tabù vuol dire che la strada da percorrere è quella giusta.
Certo è pure vero che la violenza delle donne sugli uomini non è un fenomeno, si tratta di episodi, e quasi mai troveremo una donna imputata per violenza sessuale. Sono i dati che ce lo dicono.
Tutto ciò che è poco conosciuto non significa che non esiste. Partire da questo assunto ci darebbe già un punto di vista diverso, più ampio.
Gli uomini spesso a causa dello stereotipo della virilità o per il timore di passare per mentitori seriali decidono di non denunciare o di non parlarne, in genere hanno a che fare con donne che tendono ad avere il controllo su di loro, poi ci sono le molestie verbali, lo stalking fino all’ aggressività fisica.
Una ricerca dell’Università di Siena ha indicato che gli uomini, vittime di violenza da parte delle donne, subiscono spinte, graffi, morsi, capelli strappati, lancio di oggetti, schiaffi, auto distrutte.
Anche le mura di casa diventano per gli uomini una gabbia, la violenza psicologia che viene contro di loro esercitata prevede lo schema: “non ti faccio più vedere i figli, ti rovino, ti lascio senza niente, te ne vai tu di casa”.
E poi c’è pure l’umiliazione di sentirsi dire “Non sei abbastanza uomo”, riferendosi sia all’aspetto sessuale che a quello economico.
Perché considerare questi uomini invisibili? Ci sono, saranno pochi ma devono trovare la loro voce e il loro spazio, sminuire quel tipo di violenza è pure forma grave di violenza. Infangare il proprio compagno o l’ex marito o fidanzato è una forma di violenza.
E allora, senza vergogna e senza pregiudizio, è evidente che anche in questo caso la situazione va valutata senza inciampare nel sillogismo che ad essere vittima sia sempre una donna e ad essere carnefice sia sempre un uomo. Sono cinque milioni gli uomini che ogni anno sono vittime delle violenze femminili, se è raro che le donne arrivino ad uccidere non è raro che siano capaci di ricattare, umiliare e distruggere economicamente i propri compagni, vittime di un tipo di violenza più subdola, che non si percepisce in quanto sottesa a semplici gesti quotidiani e proprio per questo più difficile da individuare.
Se poi c’è una separazione o un divorzio l’uomo si trova quasi sempre di fronte l'alienazione parentale: privati dei loro bambini per mesi o addirittura anni. Questo però accade quando si incontrano donne poco intelligenti, tanto egoiste da far prevalere la loro rabbia innanzi al bene dei figli.
Molti di questi padri di famiglia sono costretti a cercare un nuovo appartamento, arredarlo e continuare a lavorare per pagare il mutuo della casa dove l'ex moglie vive con i figli, garantendole anche l'assegno di mantenimento. Può accadere che non lasciano le proprie compagne o mogli per paura di perdere i figli o impauriti dalle conseguenze economiche. Anche questi uomini vanno ascoltati e sostenuti a livello psicologico, perché il loro benessere psicofisico vale quanto quello di una donna.