Non ci sono solo le pene detentive nella sentenza emessa dal gup di Palermo Ermelinda Marfia nel processo abbreviato “Hesperia”. Ci sono anche le condanne degli imputati al pagamento delle spese processuali, nonché a quelle del loro mantenimento in carcere, la sequela di interdizioni dai pubblici uffici per diversi anni, una dozzina di divieti di contrattare con la pubblica amministrazione per due anni, alcuni provvedimenti di libertà vigilata per tre anni dopo l’espiazione della pena, divieti di espatrio e ritiro della patente di guida e soprattutto condanne al risarcimento danni per le parti civili costituite. Risarcimenti il cui ammontare, in verità, è abbastanza modesto.
Il giudice, infatti, ha riconosciuto 1440 euro a Giuseppe, Maria, Antonio e Stefania Possente, e altrettanto, singolarmente, ai Comuni di Campobello di Mazara e Castelvetrano, all’associazione Antiracket e Antiusura Trapani e al Centro Studi “Pio La Torre”. Appena 960 euro ciascuno, invece, a Codici Sicilia e Codici Onlus e all’Antiracket e Antiusura Alcamese “G. Stellino”.
Il giudice Marfia, infine, ha anche ordinato la confisca e la distruzione delle armi e delle munizioni sequestrate, nonché il dissequestro del resto. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. Queste ultime sono sempre il punto di partenza dei legali per lo studio dei possibili motivi di impugnazione e quindi del ricorso in appello. Nel tentativo, naturalmente, di riuscire quantomeno a limare i quasi 230 anni di carcere, e le circa 140 mila euro di multe, inflitti dal gup palermitano ai 27 imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Nell’indagine “Hesperia” sono rimasti coinvolti 35 presunti mafiosi e fiancheggiatori di Cosa Nostra (otto attualmente sotto processo davanti il Tribunale di Marsala), riportando in cella fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro, come il 67enne capomafia campobellese Francesco Luppino. E la pena più severa (20 anni di carcere) è stata inflitta proprio per lui. A 20 anni è stato condannato anche il marsalese Francesco Giuseppe Raia. Queste le altre condanne: 18 anni per Antonino Cuttone e Vincenzo Spezia, 16 anni per Piero Di Natale, 12 anni per Antonino Ernesto Raia (fratello di Francesco Giuseppe), 11 anni e 4 mesi per Marco Buffa, 9 anni per Vito Gaiazzo, 8 anni e 8 mesi per Antonino Pace e Tiziana Rallo, 6 anni e 8 mesi per Carmelo Salerno (per lui anche 30 mila euro di multa), 6 anni e 4 mesi per Vincenzo Pisciotta, 6 anni per Leonardo Casano, Vincenzo Romano e Michele Vitale, 5 anni e 8 mesi per Giuseppe Salerno, 5 anni e 4 mesi per Antonino Nastasi e Giuseppe Speciale, 5 anni per Giuseppa Prinzivalli e Francesco Pulizzi, 4 anni e 4 mesi per Francesco Stallone, Paolo Bonanno, Girolamo Li Causi, Jonathan Lucchese, Marco Manzo e Vito Vincenzo Rallo, 4 anni e 2 mesi per Rosario Stallone. Marco Buffa e Piero Di Natale sono stati assolti dall’accusa di estorsione in danno di Nicolò Vinci e Michele Buffa (“perché il fatto non sussiste”). L’indagine “Hesperia” sfociò nell’arresto di 33 persone: 21 in carcere e 12 ai domiciliari. Tra loro, molti nomi noti della criminalità organizzata di Marsala, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Castelvetrano, ma anche diversi volti nuovi. Tra i primi, quello di Francesco Luppino, che era uscito dal carcere circa tre anni prima dopo aver scontato una lunga condanna per mafia. Secondo l’accusa, si era rimesso all’opera per ricostituire la rete di relazioni di Cosa nostra tra Campobello di Mazara, Mazara, Castelvetrano e Marsala. Le accuse a vario titolo contestate agli indagati sono associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti (nelle aste al Tribunale di Marsala), reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.