Estirpare la “cultura mafiosa” da un territorio. Sono parole che sentiamo spesso, quando si parla di mafia, quando ci sono operazioni contro i clan in provincia di Trapani, soprattutto se coinvolgono politici e “insospettabili”. Estirpare la cultura mafiosa, ma se si permette a killer dal “pedigree” mafioso di tornare nel territorio a "mafiare", a imporre la cultura mafiosa, diventa difficile.
E’ quello che è successo in provincia di Trapani. Dove si è permesso, non ad un gregario qualunque, ma ad un sicario, con una condanna all’ergastolo, di tornare nel territorio, a gestire attività economiche, a farsi “portare rispetto”. A imporre quella cultura mafiosa che con molta fatica si cerca di combattere. A tentare di prendere il controllo di cosa nostra.
E’ il caso di Pietro Armando Bonanno, un nome di un certo spessore per il territorio di Trapani. Un nome che è tornato alla ribalta nei giorni scorsi con l’indagine “Scialandro” che ha scoperchiato un sistema di interferenze illecite della criminalità organizzata con il Comune di Custonaci.
Tra gli arrestati c’è anche Pietro Bonanno, ed è lui il personaggio centrale di questa indagine. Non solo per i fatti che gli vengono contestati, ma perchè dimostra come ci sia qualcosa che non va nel sistema se si permette ad un mafioso di questo calibro di radicarsi nuovamente nel territorio e di essere influente. Anzi, di provare a diventare il nuovo capo.
CHI è PIETRO BONANNO
Pietro Bonanno, trapanese, classe ‘59, ha un passato giudiziario abbastanza importante.
E’ uomo di spicco della mafia trapanese, inserito in cosa nostra già dagli anni 80. Viene accusato dell'omicidio del giudice Alberto Giacomelli, resta impunito.
E’ stato condannato per associazione mafiosa nel 1997. Ma qualche anno dopo, con sentenza definitiva del 2004, Bonanno viene condannato alla pena dell’ergastolo, il carcere a vita, per l’omicidio di Pietro Ingoglia, commesso nel 1989. Faceva parte del gruppo di fuoco del boss trapanese Vincenzo Virga, condannato anche lui per l’omicidio Ingoglia, insieme a Bonanno e insieme ad altri esponenti mafiosi come Francesco Milazzo, Vito Mazzara e Antonino Todaro.
Per questo omicidio Bonanno viene condannato all’ergastolo, in via definitiva, l’8 luglio 2004. Poco prima però Bonanno fa le valigie e scappa, va in Argentina. Si fa chiamare "il Rafa", Raffaele dell'Acquina. Lo arrestano un anno dopo, nel 2005. Lo portano al carcere di Reggio Emilia dove deve scontare la pena a vita. Ma non sarà così.
(Bonanno arrestato in Argentina)
L’APERITIVO CON IL MAGISTRATO
Pietro Bonanno inizia a godere del regime di semi-libertà durante la sua detenzione in Emilia Romagna. In particolare gli viene concesso di lavorare per qualche ora al giorno per un macellaio siciliano, che si trova a Reggio Emilia. In uno di questi permessi Bonanno finisce in mezzo ad una vicenda molto imbarazzante (se non grave) per la magistratura. E in particolare per una magistrata. Nella bufera è finita la pm Claudia Ferretti, sorpresa a tavolo con due uomini dai vigili urbani di Scandiano il 19 febbraio 2021 nonostante le restrizioni anti-Covid.
(La pm Ferretti)
In quel periodo infatti, i locali dovevano chiudere alle 18. Ma alle 18.30 il locale modenese era aperto, e nel corso dei controlli anti-Covid i carabinieri hanno identificato i tre soggetti al tavolo. C'era la Pm Ferretti, e due uomini siciliani.
Uno è Massimo D'Aprea, macellaio siciliano, da anni a Reggio Emilia. L'altro uomo non ha documenti con sé. Viene identificato in seguito. E’ proprio Pietro Armando Bonanno. Si trova in regime di semi-libertà e lavora fuori dal carcere alla macelleria di D'Aprea. In realtà, come si scopre nell’inchiesta Scialandro, si tratta di una copertura, di un lavoro fittizio per godere della semi libertà.
Il caso finisce al Csm che parla di «anomala frequentazione». La Ferretti spiega di essere un magistrato e di conoscere da tempo il macellaio e Bonanno. Li aveva incontrati e voleva salutarli dato che stavano per partire per la Sicilia. In particolare Bonanno tornerà a Trapani, dopo tanti anni, per restare. Ma c’era già stato, e voleva fare il capo.
IL RITORNO A TRAPANI
Già in occasione dei primi permessi che gli avevano consentito il rientro a Trapani, nei mesi di agosto e dicembre 2020, Bonanno aveva ripreso i
rapporti con Mariano Minore (della storica famiglia mafiosa trapanese), tanto che Giuseppe Maltese (già condannato per associazione mafiosa) e Santo Costa avevano commentato che durante la licenza del Bonanno c’era stata una frequentazione continua e che Bonanno intendeva assumere il comando della consorteria dopo l'arresto dei fratelli Virga nell’operazione Scrigno. E’ stato tutto intercettato nell’agosto 2020.
La conferma di questi rapporti si aveva anche in occasione del secondo permesso concesso a Bonanno nel mese di dicembre 2020.
Bonanno parlava con Minore e gli diceva che bisognava trovare dei soldi da dare a D’Aprea, che lo aveva fittiziamente assunto a Reggio Emilia per permettergli il regime di semi-sorveglianza. E’ un gioco che fa a Trapani, una volta ottenuto il trasferimento.
Pietro Bonanno viene trasferito al carcere di Trapani il 18 marzo 2021, meno di un mese dopo l’incontro con il magistrato. E’ molto singolare il fatto che un mafioso, ergastolano, torni nel carcere del suo territorio, dove può tornare a intrattenere contatti, anche all’interno del penitenziario, con persone del suo “ambiente”. Ma Bonanno non resta in carcere. Come in Emilia Romagna, anche a Trapani l’ergastolano gode della semi-libertà e ufficialmente già il 2 aprile 2021 inizia a lavorare per "La miglior frutta", in via Marconi, poi, a decorrere dal 2 febbraio 2022, in una macelleria in via Pepoli. Ma Bonanno non è un semplice dipendente. Perchè, come ricostruiscono nella recente indagine i magistrati, Bonanno è in realtà il titolare della macelleria. Gli investigatori scrivono infatti che Bonanno avrebbe “eluso” le regole per la concessione della semi-libertà facendo intestare a tale Luigi Grispo il contratto di locazione della macelleria, facendosi assumere, di conseguenza, come dipendente. E’ un esempio lampante di come a Trapani, dove era tornato da pochi mesi, Bonanno mantenesse ancora rapporti di “favore” con il territorio e aveva a disposizione persone disposte a fare carte false per farlo muovere in libertà. In totale libertà. Perchè nel frattempo Bonanno si incontra con altri mafiosi, come Antonino Buzzitta, che si trovava ai domiciliari, o come Mariano Minore. Si muove in libertà, Bonanno. Va anche nei ristoranti.
(I fratelli Virga)
UNA PICCOLA ESTORSIONE
L’abbiamo raccontata nei mesi scorsi. Ma la storia del conto al ristorante simboleggia, per una questione che può sembrare piccola, la forza intimidatrice della mafia. E la forza intimidatrice di un personaggio come Bonanno a cui è stato consentito di tornare in libertà nel suo territorio, dove era considerato un boss.
E' il 10 Marzo 2022. Siamo a Trapani. Pietro Bonanno e Gioacchino Barraco (altro coinvolto nell’indagine) costringono un ristoratore trapanese, Ivan Bosco, a restituire 50 euro come "rimborso" di parte del prezzo pagato da Bonanno, che aveva mangiato al ristorante di Bosco, e non era rimasto soddisfatto.
Bonanno vuole "rispetto", incute paura. Chiama Andrea Ferrara per chiedere informazioni su come avvicinare il titolare del ristorante. I modi sono fini: "Chi c'è lì che è amico di questo cornuto?". Bonanno è arrabbiato per la mancanza di rispetto: "Perciò vai da quello e gli rubi i soldi di faccia e faccia?" e chiede all'interlocutore di attivarsi per una "riparazione".
Pochi giorni dopo è Gioacchino Barraco a dire a Bonanno di aver parlato con il gestore del ristorante, il quale, avendo saputo solo dopo che si trattava di Bonanno, si proponeva di restituirgli 40 euro oltre che acquistare della carne presso la sua macelleria. Il titolare del ristorante "Delizie di Mare" di Trapani, si reca nella macelleria di Bonanno, si scusa per quanto accaduto e per non averlo riconosciuto ("secondo te se ti conoscevo... che cosa facevo?... a scusami se ti non conoscevo... se ti conoscevo... sapevo cosa dovevo fare"), restituisce la somma di cinquanta euro ("Quanto ti devo fare, cinquanta?"). Bosco si scusa addirittura e si dichiara a disposizione ("Grazie... scusami... buon lavoro... ciao grazie... quando vuoi, a disposizione").
Un’estorsione piccola, ma che racconta molto della forza di intimidazione della mafia e di personaggi come Bonanno. Un killer di mafia, condannato all’ergastolo, preso in Argentina dove si era rifugiato prima della condanna. Tornato in Italia si fa qualche anno di carcere, poi riesce ad avere, con l’inganno, la semi libertà. Riesce a tornare nel suo territorio, Trapani, dove si muove con disinvoltura. Torna a stringere patti, amicizie, collusioni. Torna a comandare, vuole prendere il posto dei Virga, finiti in carcere. Il posto dei figli del boss che gli ordinò di uccidere un uomo 30 anni prima. Riesce, qui, a Trapani a continuare a “mafiare” ad applicare l’intimidazione e a diffondere la cultura mafiosa.