Un complesso agricolo acquistato all'asta a Santa Ninfa a un valore più basso rispetto a quello di mercato e rivenduto successivamente a prezzo ampiamente maggiorato per destinare parte del ricavato alla latitanza del boss Matteo Messina Denaro, arrestato nello scorso gennaio e morto a settembre.
A partire da questa ricostruzione beni per circa 1,5 milioni di euro sono stati confiscati a tre imprenditori palermitani attivi nel comparto agricolo dalla Direzione investigativa antimafia che ha dato esecuzione a un decreto, emesso dalla Corte d' Appello di Palermo. Si tratta di Ciro Gino Ficarotta, del figlio Leonardo e del nipote Paolo Vivirito.
Il provvedimento ha riguardato una azienda del settore, con sede a San Giuseppe Jato, costituita da 15 immobili e da un terreno di oltre 60 ettari. "Gli accertamenti hanno permesso di ricostruire le dinamiche sottese alla vendita di tale compendio aziendale, che è stata oggetto di speculazione immobiliare ad opera di Cosa nostra".
Gli imprenditori furono coinvolti, nel marzo del 2018, in un blitz dei carabinieri assieme ai boss di Salemi e Vita, Michele Gucciardi e Salvatore Crimi.
I boss trapanesi erano riusciti ad aggiudicarsi all’asta la tenuta di Giuseppa Salvo, moglie di Antonio Maria Salvo, nipote di Nino e Ignazio, esattori mafiosi di Salemi. Formalmente era stata acquistata da Roberto Nicastri, fratello di Vito, e poi ceduta alla Vieffe Agricola di Ficarotta e Vivirito per 530.000 euro.
Il prezzo di vendita reale dei terreni era notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili. Ciro Gino Ficarotta avrebbe versato la differenza, circa 200 mila euro in contanti, nelle mani dagli uomini di Cosa Nostra per la loro “intermediazione immobiliare”. Quei soldi sarebbero serviti per finanziarie la latitanza di Messina Denaro.