Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
15/01/2024 06:00:00

La spiaggia scomparsa. Così è stato cementificato il litorale sud di Marsala

  Fa davvero impressione osservare e mettere a confronto le aerofotogrammetrie scattate nel versante sud costiero marsalese nel 1941 e poi nel 2000.

A distanza, infatti, di poco meno di sessant’anni, il paesaggio risulta completamente stravolto dall’opera (devastante) dell’uomo. Laddove c’era soltanto sabbia e vegetazione spontanea, un ecosistema di dune e canneti, adesso c’è una coltre di cemento e asfalto. Migliaia di abitazioni, in larga parte residenze estive (parecchie anche abusive), in un dedalo quasi inestricabile di strade e stradine, lungo le quali, tra l’altro, nei mesi estivi, è un’autentica impresa trovare uno spazio per parcheggiare per chi vuole farsi un bagno al mare.

Fino agli anni ’60 del secolo scorso, invece, il paesaggio era tale che avrebbe anche potuto ambire all’istituzione di una riserva naturale. O comunque ad area protetta di particolare valenza. Era tutto un susseguirsi di dune sabbiose che impediva alle auto di arrivare fino al mare. Ad un certo punto, infatti, occorreva fermare l’auto perché le ruote affondavano nella sabbia e bisognava proseguire a piedi. Era anche un modo per scoprire la natura del luogo, per immergersi in un paesaggio dal notevole fascino. Ed invece i marsalesi, complice la realizzazione della strada, litoranea nella prima parte e un po' più internata nella seconda, hanno preferito cominciare a costruire in maniera selvaggia. Chi ha potuto non ha rinunciato al lusso della casa al mare, anche se talvolta ad appena cinque o sei chilometri di distanza dalla residenza in città. Non a cento chilometri… E tutto senza alcuna pianificazione urbanistica degna di questo nome e nell’indifferenza degli organi competenti a vigilare.

A cominciare dal Comune. Ma il danno, hanno osservato alcuni, non è stato soltanto all’habitat naturale, ma anche all’economia, perché le migliaia di villette, più o meno lussuose, hanno impedito uno sviluppo che poteva essere simile a quello di città tipo Rimini, dove con un mare certamente meno bello e cristallino di quello siciliano traggono oro, con alberghi e ristoranti lungo la costa, da quella lunga striscia di sabbia…

Una costa violentata dal cemento selvaggio e dalle case abusive. E soprattutto tra gli anni 80 e 90 il litorale sud è stato aggredito dal mattone selvaggio nonostante la legge che impediva la costruzione a meno di 150 metri dal mare. Oggi in tutta la città di Marsala ci sono circa 500 immobili abusivi da demolire. Nel 2011 Marsala fu uno dei primi comuni ad iniziare la demolizione delle case abusive realizzate sulla costa. Dopo 13 anni sono più di 170 le case abbattute. Ma ancora ne restano tante, e non è facile, perchè i Comuni non hanno soldi. Marsala, un anno fa, ha ottenuto delle somme dal Governo nazionale, ma bastano solo per una manciata di demolizioni. C'è da dire, anche, che gli stessi proprietari, quando si vedono con le spalle al muro, preferiscono demolire per loro conto. 

In questi anni, poi, ci sono stati i tentativi della politica di salvare le case abusive, con disegni di legge all'Ars che parlavano di recupero ma nascondevano vere e proprie sanatorie.  Un bacino elettorale molto consistente quello di chi ha realizzato illegalmente case sulla costa. In questi decenni la politica marsalese ha chiuso un occhio e dato grossi aiuti a chi ha cementificato quella che poteva essere una delle zone più belle della Sicilia.