«Non ce la faccio più, voglio tornare a casa. Restituite il corpo a mia madre», ha scritto sulla parete il giovane di 22 anni trovato senza vita all’alba di domenica impiccato a una grata esterna del reparto numero 5 del Cpr di Ponte Galeria, vicino Roma.
«Mia madre non fa altro che piangere per me. Mi manca molto, come mi manca l’Africa. Quando morirò voglio tornare lì e da lei. I militari italiani non capiscono. Che la mia anima riposi in pace». Così O.S. ha scritto nel suo testamento sul muro sopra la branda dove dormiva. Il messaggio in francese è accompagnato anche da un suo autoritratto con i capelli lunghi e gli occhi tristi.
Sarà ora l’autopsia a chiarire le cause del decesso del ragazzo, arrivato a fine gennaio direttamente dal Cpr di Milo, in provincia di Trapani, dove era stato accompagnato giorni prima in seguito al provvedimento del questore della città siciliana che lo aveva espulso con accompagnamento alla frontiera (ex articolo 13). Sbarcato in Sicilia il 28 ottobre scorso, la sua pratica di richiesta di protezione internazionale non avrebbe avuto esito positivo. E così per il 22enne si sono spalancate le porte del Cpr. Ma il 22 gennaio scorso una serie di incendi dolosi appiccati da giovani tunisini che volevano evitare il rimpatrio ha praticamente distrutto i moduli abitativi all’interno del complesso trapanese: in tre sono stati arrestati (fra loro un marocchino) ma gran parte delle persone detenute sono state smistate in altri Centri di permanenza per il rimpatrio.
Il ragazzo è stato destinato a Roma. «Piangeva sempre, si disperava, voleva tornare a casa», avrebbero raccontato i compagni di camerata agli esponenti politici accorsi fuori dalla struttura, in passato già al centro di episodi analoghi nonché di ripetute rivolte e anche indagini sulle precarie condizioni di vita per chi viene portato lì. «Lo abbiamo visto nella notte di sabato mentre pregava. Erano le tre – avrebbero detto ancora altri migranti -, poi è sparito. Lo abbiamo ritrovato alle sei di mattina impiccato alla grata del cancello. Era disperato, voleva andare via. Voleva tornare a casa, diceva che aveva due fratelli piccoli che doveva accudire e che lo stavano aspettando».
Il rimpatrio del 22enne era in teoria solo questione di giorni, anche se su questo punto sono in corso accertamenti visto che per questa operazione è necessario l’accordo con la Guinea, suo Paese d’origine, ad accogliere di nuovo i connazionali espulsi dall’Italia. Probabilmente ci sarebbe voluto molto più tempo e questo il ragazzo non l’ha potuto sopportare.
Ousmane aveva cominciato a dare segni di impazzimento a metà gennaio quando gli era arrivato il decreto di proroga della sua detenzione: non più tre mesi ma fino a 18 come previsto dalle nuove norme del decreto Cutro per i migranti espulsi e in attesa di rimpatrio. E a Trapani lo psicologo del Cpr di Milo aveva avvertito in una relazione: “Le condizioni psicologiche di questa persona non sono compatibili con la permanenza nel centro”
Prima nel Cpr di Milo a Trapani, poi in quello di Ponte Galeria a Roma dove il giovane 22enne della Guinea, suicidatosi ieri, era stato trasferito da una decina di giorni dopo la rivolta che ha semidistrutto il centro di Trapani. Piuttosto che rimanere chiuso in quei lager di Stato, il ragazzo avrebbe preferito persino tornarsene a casa, ma impossibile visto che la Guinea non è uno dei Paesi che accetta immigrati di ritorno e il governo Meloni, come i precedenti, non è riuscito a stringere neanche un accordo di rimpatrio con i Paesi da cui proviene la maggior parte dei migranti sbarcati in Italia. E la Guinea, con oltre 18.000 migranti, è stata proprio la prima nazionalità di persone arrivate sulle nostre coste nel 2023.
Da giorni Ousmane chiedeva aiuto, riceveva farmaci sedativi come succede da tempo nei Cpr, ma nessuno si era preoccupato del suo stato di depressione neanche quando, il giorno prima, aveva scritto in francese su un muro, una sorta di testamento chiedendo perdono alla madre e augurandosi che il suo corpo fosse riportato in Africa. Ora sul suicidio del giovane la Procura di Roma ha aperto un'inchiesta con l'ipotesi di reato di istigazione al suicidio che serve solo ad autorizzare l'autopsia sul corpo del giovane trovato impiccato alle sbarre della sua cella all'alba di ieri. E 14 suoi compagni di detenzione che ieri hanno dato vita ad una sassaiola contro le forze dell'ordine e al danneggiamento del Cpr questa mattina sono stati arrestati dalla polizia.