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14/02/2024 06:00:00

Cosa ci insegna il Sanremo del cyberbullismo e della malattia

 Anche in televisione sembra che oggi si stia evolvendo ad una sensibilizzazione differente, lo dicono le testate giornalistiche gremite dei fatti di Sanremo, che anche quest'anno è riuscito a fare parlare di sé e non soltanto per le canzoni in gara, i look e gli atteggiamenti provocatori che talvolta sembrano riempire il vuoto del talento atteso, in una sempre maggiore ricerca all'artista immagine, piuttosto che al compositore un po' isolato che un tempo caratterizzava l'artista, quasi talvolta volutamente lontano dalle scene.  Il fascino dell'assenza quella cercato da taluni, come dalla stessa Mina, preferendo lasciare all'ascolto della sua voce, piuttosto che alla vista dei suoi fatti quotidiani o alla vista della sua ultima ruga che riempirebbe la malizia dei tabloid.

Oggi, però, viviamo un tempo diverso, un tempo in cui la scelta verte all'immagine, al comunicatore, a colui che riesce ad avere un popolo di followers, che riempiono il web di likes, perché ormai il mercato è quello, l'interinale, vorticoso, veloce e spesso incontrollato.

La ricerca è quella, dei personaggi che permettono ai ragazzini di rimanere incollati ai cellulari, passando da una crush all'altra come loro stessi la chiamerebbero, perché l'effetto dev'essere visivo, per incollare al video e passare da una foto all'altra.

È tempo che il mondo adulto si aggiorni ed anche velocemente, se non si vuole incorrere improvvisamente in incomprensioni di dialogo, fatta dal coniare continuo di nuovi vocaboli tipici dei social. Tutto, però, ha un prezzo da pagare e talvolta la posta si alza inconsapevolmente e velocemente, perché questo il web dona, il bello ed il brutto della velocità.

Lo rivelano le lacrime di Alessandra Amoroso, che racconta in conferenza stampa la sua fuga in Colombia, lontana dall'odio degli haters e dalla tempesta social che l'aveva travolta ed il ritorno con la sua canzone all'Ariston, dopo un percorso impegnativo di psicoterapia, che le ha insegnato a dare importanza alle diverse parti di sé, in un momento in cui la fragilità le aveva unite al punto tale che l'odio ricevuto all'immagine invadeva il suo privato.

 

Anche l'ondata di body shaming che colpisce Big Mama, a causa della sua fisicità non conforme al target ingiudicabile ne fa parte e a subirne le spese sembra proprio essere persino Striscia la Notizia, che però respinge le accuse definendole insensate in quanto sembrerebbe trattarsi di normale satira per il look, come avvenuto già in tanti altri casi.

Forse in questo mondo inizia a verificarsi l’esigenza del “confine", quella linea immaginaria che definisce i limiti, per esempio del dove si tratta di satira e del dove inizia il cyberbullismo. Perché il contesto è cambiato ed anche sui social ci sono delle regole che difendono la possibile sensibilità altrui. Una nuova epoca in cui su certi temi non si può più scherzare come un tempo, forse perché finalmente si comincia a pensare che dietro l'immagine c'è una sensibilità, una vita, e chissà forse dove il “diverso" potrà accomunarsi maggiormente al significato di “altro diverso da me" e non “altro inaccettabile", poiché fondamentalmente comprendere che il diverso esiste ed è proprio bello perché è “differente da me” non è poi così male.

In questo, però, pecca un po' di più l' adulto, incapace talvolta di accettare i capelli colorati del compagno di classe del proprio figlio, cosa che invece i ragazzi accettano molto più velocemente di noi, per questo diventiamo “vecchi che non capiscono” e quindi vittime del pregiudizio, che potrebbe difendere dall'angoscia per lo strano, lo straniero, il differente.

In realtà il fenomeno di difesa è molto più vasto, le istituzioni e le organizzazioni mondiali stanno muovendosi per contenere il fenomeno dell'hating, cioè l'odio on line, che pare essere un fenomeno in rapida crescita, che mette a repentaglio il mondo digitale, in quanto praticato dai cosiddetti “leoni da tastiera", cioè chi comunica in modo aggressivo deliberatamente solo perché protetto da uno schermo.

Diversi possono essere i motivi che spingono all'hating, come una difficoltà a gestire le pulsioni o la frustrazione rispetto a fatti deludenti di vita personale, generando invidia e rabbia, che in una base già poco empatica possono portare la persona a trovare un oggetto da colpire esterno a sé, che diviene quindi la persona-vittima e oggetto di scarico delle tensioni accumulate.

Chi riceve l'odio del pubblico non sempre ha la struttura psicologica necessaria per poterlo sostenere, perché magari è fragile, perché forse ha una vita e dei trascorsi traumatici, perché potrebbe stare affrontando un momento di stanchezza, come anche il dramma di una malattia. A volte nascosta e altre dichiarata, come quella di Giovanni Allevi, che conclude il suo commuovente monologo volto alla speranza e alla guarigione, suonando il pezzo Tomorrow, “domani", scusandosi per il tremore delle dita, ma che si muovono maestre al pubblico, dopo due anni, infondendo commozione e speranza, per tutti, soprattutto per chi soffre. Perché il corpo, quello che oggi rappresenta quell'immagine essenziale che muove il mercato dei likes e dei guadagni, può divenire fragile e distruttibile, non dobbiamo dimenticarlo.

 

Per questo, come proprio Allevi cita nel suo racconto, quando tutto crolla e resta solo l'essenziale, il giudizio che riceviamo dall'esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo ed ognuno di noi è unico ed irripetibile. Quindi, come intuisce Kant, alla fine della Critica della ragion pratica, “se il cielo stellato può continuare a volteggiare nelle sue orbite perfette, così io posso essere immerso in una condizione di continuo mutamento, percependo ciò che permane”. E se si percepisce ciò che permane, nonostante tutto, è perché si è lavorato sul contenuto, perché se esso è presente e ben saldo, quella che eventualmente si perde rimane sempre e solo una parte, permettendo un’ elaborazione della o delle parti perdute ed un sano utilizzo delle parti altre restanti, in quanto risorse e quindi “doni della malattia".

 

Dott.ssa Anna Maria Tranchida

Psicologo e psicoterapeuta