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26/02/2024 17:00:00

Un anno fa la tragedia di Cutro, una "Strage di Stato"

 Per non dimenticare e affinché la storia non si ripeta. Un anno fa, il 26 febbraio, un'imbarcazione partita dalla Turchia con a bordo circa 200 persone si è spezzata in due a pochi metri dalla riva del litorale di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. Le autorità italiane erano state avvisate della presenza del caicco, ma non hanno attivato nessuna operazione di soccorso. 81 persone sono sopravvissute, 94 sono morte e 20 sono disperse, tra cui molti bambini. Il fatto è stato definito "strage di Stato".

Ogni tanto, il mare o la sabbia, come a tenere viva la memoria, fanno riapparire resti del barcone 'Summer Love', o le piccole scarpe o le giacche colorate dei bambini morti o scomparsi. Qualche giorno fa è stato ritrovato sepolto il piccolo gommone con il quale gli scafisti avevano provato a fuggire lasciando i profughi ad affondare; uno era morto, gli altri ugualmente arrestati. Verrà inaugurato sul lungomare di Crotone il 'Giardino di Alì', con 94 alberi piantati per ricordare le vittime. Alì non aveva neanche un anno, fu l'ultimo ad essere identificato.

Dopo 12 mesi dalla strage rimangono tante domande a cui rispondere: perché non è stata lanciata un'operazione di ricerca e soccorso in mare nonostante la segnalazione di Frontex? Perché è stato sottovalutato il pericolo, in relazione al mare in burrasca? E ancora, perché i primi a soccorrere i migranti sono stati i pescatori presenti sul luogo per una pura coincidenza? Nelle ore seguenti il solito vergognoso rimpallo di responsabilità. A un anno di distanza non c’è ancora una verità giudiziaria che possa accertare l'accaduto.

La procura di Crotone ha aperto due fascicoli di inchiesta: il primo contro i presunti scafisti - sono quattro le persone a processo - e il secondo per accertare tutte le falle nella catena di comando, che vede per ora sei indagati, tre ufficiali della guardia di finanza e altrettanti della guardia costiera. La procura chiederà il rinvio a giudizio per disastro colposo. In Calabria alla tragedia si aggiunge altro dolore. Ci sono dodici morti, sette senza nome, cadaveri sepolti senza un riconoscimento.

Nove nel cimitero di Cutro, cinque senza nome, quattro adulti e un bimbo di un anno. Due nel cimitero di Crotone, uno dei quali, un giovane afghano, è stato riconosciuto dai genitori che però hanno deciso di lasciarlo in Italia. Infine c’è una bimba sempre afghana che è stata sepolta nel cimitero di Paola. È identificata solo con la sigla KR76F6, cioè Crotone, femmina, 6 anni. La sua piccola bara bianca è stata portata nella cittadina cosentina su iniziativa dell’amministrazione comunale e dei Frati Minimi. La piccola, ribattezzata Francesca Paola in ricordo del santo, si trova in un’area non consacrata, in rispetto della sua probabile religione islamica, che è stata ribattezzata "Giardino degli Angeli".

In Calabria sono poi rimasti anche sei sopravvissuti. La morte li ha sfiorati, ma dopo tante belle parole dei primi giorni, come il ricongiungimento familiare, ora è calato l’oblio. Tuttavia, nel Belpaese non abbiamo l'esclusiva: sempre nel mese di febbraio, 10 anni fa, avvenne un'altra carneficina a del Tarajal a Ceuta, l’enclave spagnola in Marocco. Quella tragica mattina del 6 febbraio 2014 un gruppo molto numeroso di migranti - circa 300 - provò ad entrare in Spagna a nuoto, la Guardia Civil cercò di fermarli sparando pallottole di gomma e fumogeni. Gli agenti spararono anche quasi duecento colpi a salve. Si diffuse il panico in acqua. Morirono 15 persone e altri rimasero feriti. Il fenomeno non è destinato a fermarsi e consequenzialmente la storia si ripeterà, ma necessita ridurre le pagine del testo storiografico che lo narrerà e ciò dipenderà dalla nostra etica, politica, giuridica e comportamentale.

Vittorio Alfieri