Trovate la differenza. Pasqua 2023: prezzi medi dei biglietti per volare da Torino, Milano, Bologna verso la Sicilia: dai duecentocinquanta o trecento euro in su. Pasqua 2024: prezzi medi dei biglietti per volare da Torino, Milano, o Bologna verso la Sicilia: dai duecentocinquanta o trecento in su. Nessuna differenza, certo. Ma in questi dodici mesi, da una Pasqua all’altra, sul fronte “caro voli” in Sicilia è successo di tutto. Ed è stato, come ampiamente previsto, inutile.
Costa caro volare da e per la Sicilia a Pasqua, a Natale, in piena estate. Costa caro, ed è la dura legge del mercato, e dell’algoritmo. Se la domanda sale, sale il prezzo. Se c’è poca richiesta, parti anche a 19,90 euro ma con solo bagaglio a mano, e piccolo.
Solo che questa nuova ondata di biglietti alle stelle sa di beffe, soprattutto per il governatore della Sicilia, Renato Schifani, che su questo fronte si è speso tantissimo, ed era convinto di aver portato a casa il risultato. Prima le denunce all’Antitrust, poi la ricerca di nuovi competitor rispetto a Ryanair, Ita e gli altri, e l’accoglienza fin troppo calorosa per la nuova compagnia Aeroitalia. Ancora, la richiesta alla maggioranza, in Parlamento, di inserire in finanziaria un improbabile meccanismo per bloccare l’algoritmo nemico pubblico numero uno rispetto ai rincari: è durato come una bolla di sapone. Infine, la trovata dell’intervento diretto della Regione Sicilia sul costo del biglietto, con uno sconto subito, che può arrivare anche al cinquanta per cento.
Morale: le compagnie hanno alzato i prezzi, come era normale aspettarselo. L’algoritmo non ha un’anima. E, automaticamente, ha fatto il suo dovere, annacquando, di fatto, la gran massa di soldi pubblici investiti nell’operazione.
Era il 10 novembre quando la Regione annunciava le misure anti-salasso. A Natale gli sconti si sono visti ben poco. E vabbè, si diceva, il meccanismo va rodato. Ma siamo a Pasqua, e il fronte è crollato. Da un’indagine del Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc) e Assoutenti, che hanno preso il periodo di riferimento tra il 29 marzo e il 2 aprile, chi acquista oggi un biglietto A/R per l’aeroporto di Catania spende un minimo di trecentosessantacinque euro partendo da Torino, trecentodiciannove euro da Verona, trecentodiciassette euro da Venezia, per fare qualche esempio.
Se invece si vuole raggiungere Palermo, per le stesse date si spendono duecentonovantacinque euro da Bologna, duecentottantotto euro da Torino, duecentocinquantanove euro da Milano.
Ma come? E gli sconti? Sulla carta ci sono. Venticinque per cento per tutti i residenti in Sicilia, cinquanta per cento per gli studenti, i disabili, quelli con un’Isee sotto i diecimila euro. Ma le compagnie che hanno aderito all’avviso, Ita Airways, Aeroitalia e Wizzair, hanno incamerato i soldi previsti dalla Regione (trentatré milioni complessivi) senza che i prezzi abbiano subito l’attesa, robusta, flessione. E così, gli sconti ci sono, ma su biglietti che sono aumentati. Quindi, di fatto ogni vantaggio è quasi azzerato.
I soldi utilizzati dalla Regione per quest’operazione sono sempre quelli ottenuti grazie al nuovo comma, introdotto a fine 2022, dell’articolo 119 della Costituzione Italiana: “La Repubblica riconosce la peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.
I conti non tornano, e nemmeno i siciliani, ormai abituati a passare le feste lontano da casa e a tornare nell’Isola ricavandosi improbabili ferie nei mesi “morti”, a febbraio o nell’umidissimo novembre (prima no, da Pasqua e fino al 31 ottobre è alta stagione).
I conti non tornano, e tutto sembra vano. Come il famoso ricorso all’Antitrust, sempre di Schifani, per il presunto cartello tra Ita e Ryanair, con l’Autorità che ha deliberato che le compagnie aeree hanno operato correttamente nella formulazione delle tariffe dei voli da e per la Sicilia. Schifani non l’ha presa bene. Su Rete4 ha detto che il ricorso è stato respinto perché “ci sono fenomeni speculativi che non sono stati chiariti dall’Antitrust” e poi ha invitato alla “mobilitazione sociale”. Appello caduto nel vuoto.
E che dire di Aeroitalia, la compagnia che ha avuto in Schifani una sorta di uomo-immagine. La photo opportunity sul volo inaugurale Palermo-Roma, le dichiarazioni pubbliche di sostegno e incoraggiamento, l’annuncio con giubilo dello sbarco della giovanissima compagnia (fondata nel 2022, sede a Forlì, un marchio che richiama molto, moltissimo, quello della gloriosa Alitalia) a Catania e Comiso, con tanto di elargizione di tre milioni e duecentomila euro da parte della Sac, la società che gestisce i due aeroporti, come “contributo marketing”.
Com’è finita lo scrive il deputato del Partito democratico, Antony Barbagallo, in un’interrogazione parlamentare di pochi giorni fa: «La compagnia AeroItalia in Sicilia avrebbe dovuto rappresentare la concorrenza a Ita e Ryanair e riportare i prezzi a livelli di guardia, ma di fatto si è rivelata un flop: nel giro di pochi mesi ha, di fatto, ridotto i voli su alcune tratte sia dall’aeroporto di Comiso che da quello di Catania.
In sordina, la compagnia pare stia continuando a ridurre il proprio impegno sugli scali della Sicilia orientale». E continua: «AeroItalia è una delle compagnie a beneficiare dei ristori della regione per aver aderito all’avviso esplorativo sugli sconti per i residenti ma nonostante tutto continua a far registrare i disservizi, tali che, se si prenota un volo, non si sa se si potrà usufruirne».
Alimenta le polemiche un’altra circostanza. Aeroitalia è stata citata dalla vecchia Alitalia per una diatriba sulla somiglianza dei due marchi. Da chi era assistita in tribunale? Dallo studio legale palermitano Pinelli-Schifani: cioè era assistita dal figlio del presidente della Regione, Roberto. Tutto lecito, ci mancherebbe. Forse, magari, c’è una questione di opportunità.
Così come è una questione di opportunità un’altra circostanza, che riguarda il terzo scalo, per volume di traffico, in Sicilia: l’aeroporto di Trapani. È gestito da una società che appartiene al novantanove per cento alla Regione. Ed è entrato nella lista dei desideri di Valerio Antonini, un broker internazionale del grano, che è venuto a Trapani a fare shopping: ha acquistato le due squadre di calcio e basket, promettendo mirabilie, ha rilevato la tv locale, e adesso punta all’aeroporto. «Per trasformare Trapani nella nuova Dubai», dice il tale, che ha come suo punto di riferimento, per sua stessa ammissione, niente di meno che Luigi Bisignani. Tra un po’ presenterà la sua offerta, dichiara. E chi è il suo avvocato? Sempre lui, Roberto Schifani. Le polemiche sono pronte ad alzarsi in volo. Almeno quelle, possono.