Un'auto nuova, le bollette pagate, le visite mediche, un’amante da portare in moto. La vita tranquilla di un uomo qualunque. Questa era la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Le indagini del Ros di Palermo svelano altri anelli di una fitta rete di complici che ha permesso al capomafia di condurre un'esistenza quasi normale.
Ieri tre nuovi arresti: l'architetto Massimo Gentile, il suo cognato Cosimo Leone e Leonardo Gulotta. Sono accusati di favoreggiamento aggravato per aver aiutato Messina Denaro a nascondersi e a gestire i suoi affari.
Gentile, originario di Campobello di Mazara, cugino di secondo grado del killer Salvatore, la cui moglie – Laura Bonafede – è stata l’amante di Messina Denaro, è un architetto e lavora come responsabile dei procedimenti del servizio Lavori pubblici del Comune di Limbiate in provincia di Monza-Brianza.
Gentile avrebbe prestato la sua identità al capomafia latitante per comprare una macchina, una Fiat 500 L, nel 2014 e una moto Bmw F650 nel 2007.
Gulotta avrebbe permesso al latitante di utilizzare una sim a suo nome. Leone, tecnico radiologo dell’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo, era un gancio interno e riservato per gestire la malattia del boss.
Un’altra carta d’identità
Spunta una seconda carta d’identità falsa di Matteo Messina Denaro, dopo quella trovata in seguito al suo arresto con le generalità di Andrea Bonafede.
Nell’indagine che ieri ha portato all’arresto di tre persone viene fuori una nuova carta d’identità, utilizzata una decina di anni fa, da Messina Denaro.
Ci sono le generalità corrette di Massimo Gentile e la foto di un Messina Denaro più giovane. Poi c’è una falsa residenza a Campobello di Mazara in via “T. Bono n. 54” (che non esiste). Come è falsa la firma, ma è autentico il numero di documento (corrispondente a quello rilasciato il 13 settembre 2012 a Gentile). Un paio di dettagli potevano far sorgere qualche dubbio. Gli occhi verdi e la data di scadenza del 12/09/2022. Avrebbe dovuto essere 09/11/2022 e cioè coincidente con il compleanno, come prevede la norma.
Una nuova amante
Le indagini hanno portato alla luce una relazione tra il boss e una donna, con la quale si concedeva gite in moto e frequentazioni abituali. La donna ha confermato la liaison, avvenuta tra il 2015 e il 2020.
Le numerose carte d'identità false ritrovate nel covo di Campobello di Mazara saranno oggetto di ulteriori accertamenti per ricostruire i movimenti del boss e i suoi eventuali spostamenti all'estero.
Sanità super efficiente per il boss
La sanità pubblica, in Italia, funziona a colpi di conoscenze e favori. Anche per Matteo Messina Denaro.
Il boss stragista, ricercato per decenni, ha potuto usufruire di una sanità pubblica "efficientissima" grazie alla complicità di alcuni insospettabili, tra cui Cosimo Leone, tecnico radiologo dell’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo.
Leone, cognato dell'architetto Massimo Gentile, anch'esso arrestato ieri, si sarebbe occupato di far fare una Tac urgente al capomafia, anticipandola più volte rispetto ai tempi standard. Il giorno dell'esame, inoltre, il tecnico chiese di cambiare turno per coincidere la sua presenza in ospedale con gli accertamenti diagnostici a cui il boss doveva sottoporsi.
Dalle indagini è emerso che Leone, durante il ricovero di Messina Denaro, avvenuto nel novembre 2020, gli consegnò un cellulare clandestinamente. Il boss, che all'epoca utilizzava documenti falsi, poté così comunicare con il suo fiancheggiatore Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che gli aveva prestato l'identità.
Leone era in costante contatto con Bonafede, aggiornandolo sullo stato di salute del boss. I due si sentivano decine di volte al giorno, soprattutto nei giorni in cui Messina Denaro era ricoverato. Le intercettazioni telefoniche e i tabulati telefonici hanno permesso agli investigatori di ricostruire i loro spostamenti e di delineare un sistema di favoreggiamento ben collaudato.
L’architetto
E' un architetto, lavora a Limbiate, in provincia di Monza Brianza. E ha prestato l'identità a Matteo Messina Denaro.
Massimo Gentile, originario di Campobello di Mazara, cugino di secondo grado del killer Salvatore, la cui moglie – Laura Bonafede – è stata l’amante di Messina Denaro, avrebbe prestato la sua identità al capomafia latitante per comprare una macchina, una Fiat 500 L, nel 2014 e una moto Bmw F650 nel 2007.
Per diversi anni, quindi, il professionista avrebbe prestato la sua identità al latitante che girava indisturbato per Palermo dove era andato di persona a ritirare un’auto intestata a Gentile e a prelevare i soldi in banca.
Gentile ha anche gestito un ristorante a Mazara del Vallo e dal 2019 si era trasferito a Limbiate dove lavora come istruttore tecnico nell’ufficio lavori pubblici del comune di Limbiate, dove vive, in provincia di Monza, occupandosi degli appalti finanziati dal Pnrr.
L'architetto recentemente ne ha ricevuto un altro dall’amministrazione di Turate, nel Comasco.
Da quanto emerso Gentile avrebbe lavorato per la ditta della moglie di Andrea Bonafede (già arrestato per lo stesso motivo nei giorni successivi alla cattura del latitante). Dalle analisi sui legami famigliari è anche emerso che Gentile e il marito di Laura Bonafede (l’amante del boss) sono legati da una parentela tramite i rispettivi padri che sono cugini di primo grado e legati alla famiglia di Messina Denaro.
In banca, a comprare auto, la latitanza tranquilla
Matteo Messina Denaro non conduceva una latitanza alla luce del sole soltanto negli ultimi anni, a Campobello di Mazara, spinto dalla malattia ad uscire dal covo. Ma anche in passato non se ne stava rintanato. Anzi andava tranquillamente in banca, a comprare auto. Come una persona normale. Come successo dieci anni fa, quando si presentò in una concessionaria di viale Regione. Il boss avrebbe utilizzato i documenti di Massimo Gentile per compiere operazioni bancarie e comprare un'auto.
Matteo Messina Denaro entra in una banca di Corso Calatafimi, a Palermo, per versare 9 mila euro e l'emissione di un assegno circolare. Il tutto con i documenti di Massimo Gentile. Firma un modulo in cui dichiara di essere nato a Erice e di essere un commerciante di abbigliamento.
Poi, con l’assegno in tasca, va a comprare la macchina aggiungendo mille euro in contanti. La 500 L negli anni seguenti sarebbe stata ceduta alla madre di Andrea Bonafede, il geometra fra i primi ad essere stato arrestato, per comprare la Giulietta soprannominata “Margot” nei pizzini.
In concessionaria lasciò il numero di cellulare. Il latitante usava l’utenza, ma l’intestatario era Leonardo Gulotta, anche lui arrestato ieri. Stessa cosa sarebbe avvenuta altre volte, anche in occasione della stipula delle assicurazioni.