Cosa nostra colpita più volte in pochi mesi da diverse operazioni antimafia. La famiglia mafiosa di Marsala lacerata da faide interne, e una guerra di mafia all’orizzonte. Poi sarebbe intervenuto direttamente Matteo Messina Denaro. “Calmi, perchè ho un esercito intero”.
Il fantasma di Castelvetrano sarebbe stato presente, invece, sul territorio. Si spostava con le auto intestate a insospettabili, si affidava ai suoi fedelissimi nel territorio, e faceva da paciere.
E’ quanto emerge nell’ultima operazione dei Ros coordinati dalla procura di Palermo che ha portato in carcere altri tre fiancheggiatori che hanno aiutato direttamente la latitanza del capomafia arrestato il 16 gennaio 2023 e morto otto mesi dopo.
In particolare la decisione di comprare un’auto e spostarsi autonomamente, con la falsa identità di Massimo Gentile, sarebbe scaturita dalla necessità di intervenire direttamente in alcune questioni.
“Proprio nel periodo nel quale decideva di acquistare la vettura, novembre 2014, e di fare ricorso all'identità di Gentile Massimo, Messina Denaro Matteo gestiva l'intera associazione mafiosa "sul campo", affrontando un momento di grande fibrillazione, proprio perché Cosa nostra trapanese in quei mesi era stata praticamente decimata da una ondata di arresti, tra i quali - per importanza - certamente quelli del dicembre 2013 che avevano coinvolto anche la sorella del latitante. Patrizia, ed il nipote prediletto Guttadauro Francesco, oltre a cugini e altri familiari a lui strettamente legati”. E’ quanto scrive il Gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di arresto di Massimo Gentile, Cosimo Leone e Leonardo Gulotta.
Matteo Messina Denaro “nonostante gli arresti di familiari stretti teneva in piedi un selezionatissimo gruppetto di uomini d’onore per continuare ad esercitare attraverso il loro prezioso contributo lo scambio di pizzini, il ruolo di assoluto vertice di Cosa nostra. Uomini d’onore che saranno arrestati il 5 agosto del 2015”. Il riferimento è a quanto scoperto nell’operazione Ermes, che ha smantellato la rete di postini di Matteo Messina Denaro.
Qualche tempo dopo c’è l’operazione Visir che disarticola la famiglia mafiosa di Marsala, fa luce sulle faide interne che rischiavano di portare ad una guerra di mafia nel 2014. Messina Denaro non aveva alcun interesse ad alzare l’attenzione, ma bisognava tenere il silenzio, non fare rumore. E sarebbe intervenuto direttamente nel dirimere alcune questioni evitando, così, una nuova guerra di mafia a Marsala, 20 anni dopo aver partecipato, lui stesso, alla guerra di mafia della città lilibetana nella quale il suo gruppo di fuoco sterminò gli oppositori dei corleonesi.
Nell’inchiesta Visir sono stati ricostruiti i passaggi di quei dissidi, e il ruolo che ebbe Messina Denaro. C’è Nicolò Sfraga, condannato in via definitiva per mafia, che viene intercettato dai carabinieri. Ad altri indagati racconta di un summit in cui sarebbe stato presente Matteo Messina Denaro. Dal boss di Castelvetrano sarebbe arrivato l’ordine di non sparare, di stare calmi. La riunione si era tenuta a fine 2014. “C’erano tutti, salemitani, c’erano tutti! C’era una stanza piena, un pagghiaro pieno”, racconta Sfraga. E poi dice che proprio Matteo Messina Denaro aveva dato l’ordine di tenere tutto in silenzio “perchè c’è un esercito intero”. Il boss avrebbe fatto capire che avrebbe avuto a disposizione un esercito di fuoco pronto a intervenire. Bisognava insomma evitare di fare rumore, anche perchè si era in un momento storico molto critico per le famiglie mafiose della provincia di Trapani. A cominciare proprio dai Messina Denaro, colpiti pochi mesi prima dagli arresti dei nipoti e della sorella del boss, oltre che di altri suoi fedelissimi.
Un boss che si trovava “in zona”, a fare una vita tranquilla, che non voleva venisse disturbata.