La stretta al Superbonus. Da un lato fa bene alle finanze pubbliche, troppi miliardi è costato allo Stato. Dall’altro, però, l’incentivo per l’efficientamento edilizio ha contribuito alla crescita del Pil e dell’occupazione, e per questo le imprese sono andate su tutte le furie per lo stop definitivo deciso dal Governo Meloni.
Sono le due facce del Superbonus.
“L’intervento è opportuno perché va nella direzione di introdurre misure più incisive per la tutela della finanza pubblica. Va però rimarcato il significativo impatto del Superbonus su Pil e occupazione”: nel 2021-2024 +3,8 punti di Pil e +322mila occupati nel Centro Nord; +2,9 punti di Pil e +107mila occupati nel Mezzogiorno”. Lo scrive la Svimez, L’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, in una memoria depositata alla Commissione Finanze del Senato sul decreto Superbonus.
Nel 2021-2024, la Svimez stima che il Superbonus abbia contribuito all’espansione degli investimenti privati in costruzioni per il 40,2 e il 37,1 per cento, rispettivamente nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno. In base alle valutazioni della Svimez, la misura ha generato 3,8 punti percentuali di Pil nel Centro-Nord e 2,9 nel Mezzogiorno (3,6 la media nazionale). L’impatto espansivo sul Pil si è rivelato, dunque – si spiega – significativo in entrambe le macro-aree: ha contribuito per circa un quarto alla crescita del periodo 2021-2024 nel Mezzogiorno (+11,7%). Nel Centro-Nord, il contributo del Superbonus alla crescita del periodo (+13,4%) si è spinto anche oltre, raggiungendo il 28%”. Sotto il profilo occupazionale, evidenzia la Svimez, “la policy ha dato luogo a un incremento occupazionale aggiuntivo di 429 mila occupati a livello nazionale: 322 mila al Centro-Nord, 107 mila nel Mezzogiorno. La Svimez stima che la misura abbia determinato una crescita dell’occupazione di 1,5 punti percentuali nel Mezzogiorno e di 1,7 punti percentuali nel Centro-Nord”.
Nelle scorse settimane le associazioni di categoria hanno lanciato l’ennesimo allarme e gli ultimi dati che sintetizzano gli effetti “devastanti” dello stop del Superbonus deciso dal governo.Un impatto devastante soprattutto sulle imprese edili siciliane. Lo stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura potrebbe infatti tradursi in un ammanco di circa 200 milioni di euro per le aziende dell'isola e in una perdita di almeno il 10% dei posti di lavoro.
Le stime parlano di quasi 8.000 imprese a rischio, soprattutto quelle piccole nate sull'onda del bonus e quelle più strutturate che hanno accettato i lavori più cospicui. A preoccupare le associazioni di categoria è anche il destino dei crediti già maturati, stimati in circa 200 milioni di euro, che rischiano di rimanere bloccati nei cassetti fiscali delle aziende.
"Il nuovo giro di vite si tradurrà in un altro duro colpo per le imprese, soprattutto nell'Isola, dove l'artigianato edile è uno dei principali settori dell'economia", afferma Piero Giglione, segretario della Cna Sicilia. "Cambiare le regole del gioco tante volte in così poco tempo genera incertezza e difficoltà".
Le associazioni chiedono al governo di ritornare sui propri passi e di non discriminare i paesi del Catanese colpiti dal terremoto del 2018. Inoltre, chiedono di mantenere lo status quo ante sul Terzo settore e di consentire alle Onlus di accedere al bonus al 70% anche se non hanno ancora presentato le Cilas.
L'unica nota positiva è che il Superbonus resta attivo per chi ha già iniziato e pagato una prima tranche di lavori. Secondo le ultime rilevazioni dell'Enea, in Sicilia ci sono circa 500 milioni di euro già ammessi a detrazione per i cantieri aperti, pari al 7% del totale nazionale.
Tuttavia, il blocco definitivo della possibilità di utilizzare il bonus al 70% per le aziende che non hanno ancora iniziato le opere potrebbe rappresentare il colpo di grazia all'incentivo. E il colpo di grazia per molte imprese e lavoratori.