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20/04/2024 06:00:00

Nave Juventa non era un "taxi del mare" e i volontari salvavano vite umane

Sette anni di accuse e indagini, una nave, la Juventa che soccorreva i migranti, che non era un "Taxi del mare" e i cui volontari non erano d'accordo con i trafficanti e che, sequestrata nel porto di Trapani, oggi, dopo anni di abbandono, saccheggi e mancanza di cura da parte di chi doveva custodirla, ormai è compromessa.

Ieri per i 10 soccorritori di Jugend Rettet, Save the Children e Medici Senza Frontiere, il gup del Tribunale di Trapani, Samuele Corso, ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri, ed ha prosciolto tutti gli indagati dell’indagine avviata nel 2017. Un processo dunque che non si farà, una indagine che non avrebbe nemmeno dovuto cominciare, vista la decisione del giudice. Il mese scorso le ong tramite i loro avvocati hanno chiesto di indagare sulle "indagni fatte male.

Le organizzazioni umanitarie erano accusate di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per il loro operato nel Mediterraneo centrale tra il 2016 e il 2017. Le accuse, parlavano di accordi con i trafficanti di esseri umani e di mancato soccorso ai migranti, anzi di veri e propri "taxi del mare" che li avrebbero trasbordati dalle navi libiche per poi permettere ai trafficanti di tornare indietro indisturbati.

 

Il non luogo a procedere, però, era stato chiesto dalla stessa Procura di Trapani dopo una inchiesta costata circa tre milioni di euro. Nel procedimento era costituito parte civile il ministero dell’Interno che si è rimesso alla decisione del gup. Le indagini, non hanno trovato alcun riscontro. I pm avevano anche disposto il sequestro dell’imbarcazione Iuventa della ong Jugend Rettet, una delle tre organizzazioni umanitarie coinvolte. La nave nel frattempo ha subito danni enormi ed è inutilizzabile.

Nonostante le accuse e i 7 anni di calvario, la solidarietà ha prevalso. "Sette anni sulla graticola per aver salvato vite umane. Ma oggi la solidarietà vince sulla criminalizzazione" ha commentato Darius Begui, comandante della Iuventa nel 2017.

 MEDICI SENZA FRONTIERE - "Dopo 7 anni di illazioni, si chiude l’indagine contro MSF e le altre ONG accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina iniziata nel 2016. Il giudice del tribunale di Trapani oggi ha chiuso definitivamente il caso decretando che tutte le accuse sono infondate, spazzando via qualunque sospetto di collaborazione con i trafficanti.
Nonostante i tentativi di infangare il nostro lavoro e la nostra reputazione, noi non ci siamo mai fermati e abbiamo continuato a salvare vite in mare, soccorrendo oltre 92.000 persone dal 2015 ad oggi.
Il boicottaggio e la criminalizzazione della solidarietà continua. I governi che si susseguono continuano a ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, le politiche di deterrenza e la difesa dei confini continuano a prevalere sul dovere di proteggere vite umane. Basta criminalizzare la solidarietà! Cercare salvezza non è crimine, salvare vite non è un reato!
GRAZIE a tutte le persone che in questi anni non hanno mai smesso di sostenerci e credere nella necessità di salvare vite".

Save The Children - "La decisione del giudice di emettere la sentenza di non luogo a procedere riporta dopo quasi 7 anni la verità sull’impegno umanitario per salvare vite in mare. Siamo sempre stati fiduciosi in un esito positivo, consapevoli di aver operato nella piena legalità. Negli anni in cui la missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale è stata attiva, tra il 2016 e il 2017, abbiamo soccorso quasi 10 mila persone esposte al rischio di annegamento, compresi 1.500 bambini. Siamo felici di come si è conclusa l’udienza e orgogliosi della nostra missione".

“Questa decisione, che arriva a conclusione di una vicenda giudiziaria durata quasi sette anni, riconosce la verità sul nostro operato e sull’impegno umanitario per salvare vite in mare, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children, commentando la decisione del Giudice per l’Udienza preliminare del Tribunale di Trapani che ha disposto il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati, tra cui uno dei team leader della missione umanitaria di ricerca e soccorso in mare nel Mediterraneo, lanciata dall’Organizzazione nel 2016 e 2017.

“Save the Children è sempre stata fiduciosa nella conclusione positiva di questa vicenda, nella piena coscienza che i membri dell’Organizzazione hanno sempre operato nella legalità, al fine di salvare vite in mare, rispondendo al proprio mandato umanitario e con il primario obiettivo di proteggere i soggetti vulnerabili, quali ad esempio minori non accompagnati e donne potenzialmente vittime di tratta e sfruttamento”.

L’esito di questa udienza preliminare arriva dopo anni, nel corso dei quali, Save the Children ha continuato a confidare nell’operato della magistratura, mettendosi a disposizione per fornire ogni elemento utile per la ricostruzione dei fatti, affinché la verità potesse emergere. Al contempo l’Organizzazione ha rafforzato il proprio impegno sul territorio italiano nell’accoglienza ed inclusione dei minori migranti.

I legali dell’Organizzazione, l’avv. Jean Paule Castagno e l’avv. Andrea Alfonso Stigliano dello Studio Orrick di Milano, hanno svolto una proattiva e minuziosa attività difensiva, evidenziando una serie di elementi determinanti affinché la stessa Procura potesse rivalutare la propria posizione, tanto da richiedere essa stessa una sentenza di non luogo a procedere.

L’attività di Save the Children è stata svolta, da sempre, nel pieno rispetto della legge italiana, di concerto con IMRCC, attraverso un continuo supporto e coordinamento con tutti gli attori istituzionali coinvolti, le prefetture territoriali e le autorità di polizia presenti nei porti di sbarco e in continuità con le molteplici attività svolte dall’Organizzazione a tutela dei diritti dei minori migranti, anche in collaborazione e supporto alle Autorità, sin dal 2008.

 

“Negli anni in cui la missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale è stata attiva, il 2016 e 2017, Save the Children ha salvato quasi 10.000 persone che erano esposte al rischio di annegamento in mare. Tra di loro c’erano circa 1.500 bambini, molti dei quali erano separati dalle loro famiglie, che abbiamo tenuto al sicuro e protetto fino a quando hanno raggiunto un porto sicuro. Di tutto questo siamo estremamente orgogliosi. Siamo molto soddisfatti dell’esito dell’udienza preliminare e ringraziamo tutti i nostri sostenitori che, anche durante questi anni, hanno continuato a credere nei valori della nostra Organizzazione”, ha concluso Daniela Fatarella.

Oggi più che mai, il pensiero di Save the Children va a tutte le persone che hanno continuato, senza sosta, a perdere la vita attraversando il Mediterraneo centrale: negli ultimi 10 anni, si tratta di una media di più di 6 persone al giorno[1], morte o disperse, inseguendo la speranza di un futuro migliore. È necessario riportare le persone e la salvezza degli esseri umani al centro delle politiche nazionali ed europee in materia di migrazione. È quindi sempre più urgente un’assunzione di responsabilità condivisa degli Stati membri e delle istituzioni europee, con la creazione di un sistema strutturato e coordinato di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, l’apertura di canali regolari e sicuri per l’accesso in Europa e la creazione di nuovi meccanismi di ricongiungimenti familiari, corridoi umanitari e di evacuazione per le persone in fuga.

“Nel corso dell’udienza, è stato possibile illustrare e portare all’attenzione del Giudice tutti gli elementi di prova che hanno smentito categoricamente ogni accusa, come acclarato dalla richiesta di non luogo a procedere formulata dai pubblici ministeri. Sono inoltre emerse l’encomiabile professionalità e dedizione con le quali tutto il personale dell’Organizzazione, ed in particolare il team leader responsabile per la missione, ha operato per l’intera durata della stessa”, ha dichiarato l’avv. Jean-Paule Castagno.

 

La Juventa - L'imbarcazione  è stata fermata il 2 agosto 2017  in seguito a un provvedimento del giudice per le indagini preliminari di Trapani per un’inchiesta aperta dalla magistratura italiana contro il suo equipaggio accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La corte di cassazione, il giorno prima della sentenza, aveva respinto il ricorso presentato dagli avvocati dell’ong, secondo il quale, l’Italia non ha giurisdizione su fatti che riguardano una nave olandese e gestita da un’ong tedesca.

Le accuse - La procura di Trapani sosteneva che nel settembre del 2016 e nel giugno del 2017, durante alcune operazioni di soccorso dei migranti al largo della Libia, c’erano stati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e i membri dell’equipaggio della nave”. Gli operatori umanitari si sarebbero avvicinati troppo alle coste libiche e avrebbero avuto contatti con i trafficanti per delle “consegne pattuite” di migranti. Per la procura gli operatori della Iuventa avrebbero lasciato alla deriva tre imbarcazioni in modo che i trafficanti potessero recuperarle e usarle successivamente in altre traversate.

Fonti dell'accusa e testmonianze - L’accusa si basava sulle testimonianze e le foto scattate da un agente dei servizi segreti, imbarcato come personale di sicurezza sulla nave Vos Hestia dell’organizzazione umanitaria Save the children, attiva nello stesso tratto di mare. Altra fonte diretta sono stati tre agenti di sicurezza che erano imbarcati sulla Vos Hestia con il contractor privato Imi security service e che avevano mandato un rapporto ai leader della Lega e del Movimento 5 stelle, oltre che al capo dei servizi segreti italiani. Fatto che lascia pensare come tutta questa vicenda sia stata strumentalizzata e politicizzata.

Il documentario che scagionava l’ong – Dopo otto mesi dal sequestro i ricercatori della Forensic Architecture dell’università di Londra Goldsmiths hanno prodotto un documentario in tre video – pubblicati in esclusiva su Internazionale, Mediapart e the Intercept – che scagionavano l’ong tedesca Jugend Rettet dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il gruppo di oceanografia forense Forensic Architecture della Goldsmiths ha smentito questa ricostruzione, basandosi sui video e gli audio raccolti dall’equipaggio, sulle informazioni registrate nel diario di bordo della Iuventa, sulle comunicazioni con la centrale operativa della guardia costiera italiana e sulle immagini scattate dai giornalisti a bordo della nave tedesca e di altre imbarcazioni impegnate nei soccorsi.

 

 

Qui di seguito il focus del documentario pubblicato su Internazionale, Mediapart e The Intercept, che analizza caso per caso le contestazioni. Primo caso 10 settembre 2016 - Il primo contatto tra i soccorritori e i trafficanti, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto il 10 settembre 2016 a circa 15 miglia nautiche dalle acque territoriali libiche. Secondo la procura di Trapani, un’imbarcazione “proveniente dalla Libia, si è avvicinata alla Iuventa per trasferire i migranti e poi se n’è andata di nuovo verso la Libia, con solo due persone a bordo”. Ma nella ricostruzione fatta alla Goldsmiths “non ci sono elementi, a parte le testimonianze degli agenti sotto copertura, di queste gravissime accuse”. Gli agenti sotto copertura che erano a bordo hanno potuto assistere solo a un’unica operazione di salvataggio: quella in soccorso di “un’imbarcazione riconoscibile da una scritta blu sulla prua”.
Nell’analisi del dipartimento di oceanografia britannico, la barca con la scritta blu si è avvicinata alla Iuventa alle 10.29 e si può vedere in alcune foto scattate alle 13.36 e alle 14.20, mentre l’equipaggio della nave militare irlandese stava trasferendo i migranti dalla Iuventa verso la James Joyce. Alle 15.50 l’equipaggio della Iuventa ha spostato la barca con la scritta blu, ormai vuota, qualche metro più in là per fare un altro trasbordo verso la Vos Hestia di Save the children. L’imbarcazione usata dai migranti si vede in altre foto scattate alle 15.59 e alle 16.14. Infine alle 18.26 è stata incendiata per evitare che fosse recuperata dai trafficanti. I rapporti di Frontex, l’agenzia europea delle frontiere esterne, confermano che tutte e tre le imbarcazioni di migranti avvicinate quel giorno sono state distrutte e affondate.

L'esposto in procura per l'abbandono della nave - L'equipaggio della Iuventa ha presentato lo scorso anno una denuncia alla Procura di Trapani lo scorso 13 febbraio per "sollecitare un'indagine in merito all'abbandono e al deterioramento della nave di soccorso" che è stata sequestrata nell'estate del 2017. "L'equipaggio ha salvato più di 14.000 migranti in pericolo. La Iuventa giace abbandonata, saccheggiata e in gran parte distrutta.  "La relazione che ha fatto seguito all'ispezione tecnica effettuata nell'ottobre 2022, commissionata dagli armatori della nave e autorizzata dal Gip di Trapani, indica che "Una volta a bordo è evidente che la nave si trova in uno stato di totale abbandono dalla data del sequestro" poiché "non è stata effettuata alcuna manutenzione ordinaria o straordinaria". Secondo il rapporto agli atti, c'è il rischio che parti essenziali della nave non siano più in funzione, mentre altre sono state rubate", prosegue la nota. In seguito a questa indagine, il gip di Trapani ha ordinato, a dicembre scorso, la riparazione e la manutenzione della nave Iuventa. Secondo Nicola Canestrini, avvocato della Iuventa: "L'omessa custodia secondo la legge italiana è reato. Ci attendiamo un'indagine approfondita che stabilisca se e chi non ha adempiuto al proprio dovere di preservare la perfetta funzionalità della nave di soccorso sequestrata dalle autorità, ormai in stato di completo abbandono".

Giovanna Iacono deputata del Partito Democratico - Iacono "Salvare vite in mare non è reato. Oggi, dopo 7 anni, si è chiusa con la sentenza di non luogo a procedere del Tribunale di Trapani il procedimento penale a carico di 10 componenti dell’equipaggio delle organizzazioni non governative Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere, tutti accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Si chiude una vicenda assurda, frutto di un clima che mirava a colpevolizzare e a criminalizzare le Ong e le loro attività di soccorso. Salvare persone in mare non è una colpa, semmai lo è voltarsi dall’altra parte. Quella del mare è l’unica legge applicabile, che impone il soccorso e la certezza di approdo in un porto sicuro".