È in libreria e negli store on-line “Mobbidicchi e altre storie”, il primo dei due volumi che raccolgono il teatro in lingua madre di Giacomo Bonagiuso.
Un viaggio che attraversa la tradizione della lingua siciliana, rivendicandone una forza di invenzione, di costruzione di prospettive future, nuove. Non un siciliano arcaico che si arrocca nel culto dell’antico fine a se stesso, quindi, ma una radice fruttuosa che genera nuove e sempre forti idee future.
La lingua, per Bonagiuso, è linfa vitale, non archeologia conservativa. E il teatro è il miglior luogo possibile dove far crescere idee e prospettive che partono dai classici per “tradurli” e diventano veri e propri “tradimenti”, ovvero tradizioni in cammino verso storie di domani. Così, in questo primo volume edito da Libridine, con le introduzioni del giornalista e scrittore Giacomo Pilati e del regista e attore Gaetano Aronica, le famose storie di “Moby Dick” di Melville, di “Medea” di Euripide, di “Spoon River” di Edgar Lee Masters, di “Piniocchio” di Collodi e “Don Chisciotte” di Cervantes, si traducono e si deformano, come specchi ustori della contemporaneità,
nella picciridda Mobbidicchi, rapita e seviziata da un macabro capitano Achab, alle prese con i mostri che non vivono nel mare ma dentro la sua testa; nel burrattino ‘nfami Pinocchio, accusato da Gatto e Volpe di essere creatura contro natura; nella macabra violenza subita e restituita da Médèa, alle prese con l’estraneità radicale dei nomadi; nella folle malattia di Zì Chisciotte, che
viaggia con la mente, laddove il corpo lo restituisce immobile; nella dialettica tra addabbanna e astabbanna che i redivivi di Luminarìe tessono in attesa di una resurrezione impossibile.
Duecento pagine in cui Bonagiuso conserva metà della sua vita teatrale, di scrittore e regista, e metà dei suoi sogni visionari alla ricerca, questa volta, non di uno spettatore, ma di un lettore, e di un nuovo inedito regista che possa visionare e far rivivere ancora queste storie. Libertà e rivoluzione, sono questi i temi che emergono in prefazione: “Liberta?, mai aggettivo e? stato piu? indicato per sublimare la trasparenza con cui Bonagiuso diletta il teatro che e? suo, nel senso della piacevolezza dell’appartenenza ad una invenzione, la costruzione di mondi nuovi, rotte che si smarriscono nella modernita? del linguaggio”. – scrive Giacomo Pilati. “Giacomo Bonagiuso interpreta perfettamente, quindi, questo tipo di intellettuale scomodo e inquieto che permea tutta la sua opera di una profonda volonta? di cambiamento, di una profonda ribellione e di una profonda inquietudine che diventa voglia di cambiare tutto” – scrive Gaetano Aronica.