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08/07/2024 06:00:00

Messina Denaro: il punto sui fiancheggiatori tra condanne, indagini e processi in corso

 Nel corso della sua trentennale latitanza, il boss castelvetranese Matteo Messina Denaro ha potuto contare su una rete di protezione che si è evoluta nel tempo. "Quelli che lo proteggevano 30 anni fa non sono gli stessi che lo hanno protetto fino al giorno della sua cattura, o quasi", lo ha dichiarato nelle settimane scorse Maurizio de Lucia, Procuratore capo di Palermo, che coordina l'inchiesta sui fiancheggiatori di Messina Denaro arrestato il 16 gennaio 2023 e morto lo scorso settembre a causa di un tumore. Oggi facciamo il punto sulla rete di fiancheggiatori tra condanne, indagini, processi in corso.

La rete di protezione - Dopo la cattura di Messina Denaro, gli inquirenti sono alla ricerca di chi ha permesso all'ex latitante di sfuggire alla giustizia per così tanto tempo. De Lucia ha sottolineato come anche pezzi dello Stato abbiano aiutato Messina Denaro, proprio come accadde per Bernardo Provenzano. "Questa rete di fiancheggiatori c'è stata e c'è", ha spiegato il Procuratore, aggiungendo che alcuni dei nomi già individuati sono di professionisti di alto livello. Il sostegno al boss non proveniva solo dalla famiglia di sangue, ma anche dalla "famiglia" mafiosa.

Chiesti 15 anni per Laura Bonafede -  La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a 15 anni di carcere per Laura Bonafede, la maestra di Campobello di Mazara, sentimentalmente legata a Matteo Messina Denaro. La Bonafede, figlia dello storico boss del paese, Leonardo, è accusata di associazione mafiosa. La requisitoria è stata condotta dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo. Il processo si svolge con il rito abbreviato. Alla donna, arrestata ad aprile del 2023, inizialmente era stato contestato il reato di favoreggiamento aggravato, modificato nel corso delle indagini in quello di associazione mafiosa. La maestra è cugina di Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l'identità al boss durante l'ultima fase della latitanza e di altri due favoreggiatori del padrino, Emanuele e Andrea (omonimo del geometra). Secondo la Procura di Palermo, l'imputata sarebbe stata un pezzo fondamentale del meccanismo che per 30 anni ha protetto la latitanza di Messina Denaro. I due, insieme alla figlia della donna, Martina Gentile, ai domiciliari per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, avrebbero vissuto insieme e si sarebbero comunque sempre frequentati. "Eravamo una famiglia", scriveva il capomafia in un pizzino diretto a Blu, uno dei nomi in codice usati per la maestra. Lei si occupava del sostentamento e della sicurezza del boss, gli faceva la spesa durante la pandemia nel timore che si ammalasse e non potesse uscire di casa, condivideva con lui linguaggi cifrati, segretissimi pizzini, affari e informazioni sulla cosca.

Condannato a 14 anni Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l'identità al boss - Quattordici anni di carcere. È la condanna inflitta al termine del processo con rito abbreviato ad Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro. L’uomo era accusato di associazione mafiosa e concorso in falso. Con la sentenza di oggi salgono a cinque i personaggi vicini al padrino condannati per averlo aiutato. Sempre nelle scorse ore, in un altro processo, la procura di Palermo ha chiesto la condanna a 15 anni per la cugina del geometra, Laura Bonafede, amante storica del capomafia. Il gup di Palermo ha quindi sostanzialmente accolto la richiesta avanzata dall’accusa, rappresentata dai pm Gianluca De Leo e Piero Padova. Il ruolo di Bonafede, nipote dello storico boss Leonardo Bonafede, è emerso nel corso delle indagini che hanno portato alla cattura dell’ultimo boss stragista, poi deceduto alcuni mesi dopo la cattura. I carabinieri del Ros, che scoprirono che Messina Denaro era in cura per un cancro, accertarono che per le terapie usava l’identità del geometra di cui aveva falsificato i documenti. Bonafede venne arrestato pochi giorni dopo l’arresto del boss e si accertò che sia l’ultimo appartamento in cui il capomafia viveva a Campobello sia l’auto che usava per spostarsi erano stati comprati con i falsi documenti intestati all’imputato. Nel corso delle indagini la posizione del geometra si è aggravata poiché era venuto fuori che Bonafede era a disposizione del capomafia da ben prima del suo arresto.

 

Massimo Gentile e Cosimo Leone verso il processo - I magistrati Paolo Guido, Gianluca De Leo e Pierangelo Padova a fine maggio hanno notificato l'avviso di conclusione delle indagini, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio, all'architetto Massimo Gentile e al tecnico radiologo Cosimo Leone. Gentile è accusato di aver prestato la propria identità a Messina Denaro durante la latitanza, facilitandogli l'acquisto di un'auto e una moto. Leone, che ha ottenuto gli arresti domiciliari dal tribunale del Riesame, è sospettato di aver assistito il boss durante un ricovero ospedaliero a Mazara del Vallo e di avergli fornito una scheda telefonica tramite un altro favoreggiatore Andrea Bonafede. 

Scarcerato Leonardo Gulotta - La posizione di Gulotta è stata differente fin dall'inizio. Difeso dall'avvocato Mariella Gulotta, è accusato di aver intestato una utenza telefonica a Messina Denaro quando era ancora minorenne. Durante l'interrogatorio di garanzia, Gulotta ha negato qualsiasi rapporto con il boss e ha dichiarato di non sapere nulla della scheda telefonica. Nonostante la sua collaborazione con il giudice, la custodia cautelare in carcere è stata confermata, e il Riesame ha riqualificato l'accusa in favoreggiamento aggravato. Con la chiusura delle indagini, l'avvocato di Gulotta ha presentato un'istanza di scarcerazione, ma la Procura ha espresso parere contrario. Tuttavia, essendo venuto meno il rischio di inquinamento delle prove, il giudice Montalto ha disposto la liberazione di Gulotta, imponendo solo l'obbligo di firma.

Indagati per favoreggiamento aggravato i medici Giacomo Urso e Francesco Bavetta - Nell'ambito delle indagini sulla rete di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, due medici sono ora indagati per favoreggiamento aggravato. I professionisti coinvolti sono Francesco Bavetta, gastroenterologo ed endoscopista di Marsala, ed il marsalese Giacomo Urso, che è stato chirurgo presso l'ospedale di Mazara del Vallo, e adesso è il nuovo direttore della Chirurgia generale al Civico di Palermo. Entrambi avrebbero avuto in cura Messina Denaro, sotto falsa identità, nell'autunno del 2020. Il 5 novembre 2020, il dottor Bavetta diagnosticò un cancro al colon a Messina Denaro, che si presentò all'appuntamento sotto il nome fittizio di Andrea Bonafede, identità procurata attraverso il circuito di fiancheggiamento che circondava il capomafia. Secondo quanto riportato, il medico ha riconosciuto di aver eseguito l'esame, ma ha affermato di aver scoperto la vera identità del suo paziente solo dopo la cattura di Messina Denaro. Pochi giorni dopo quella visita, il 9 novembre, il dottor Urso intervenne chirurgicamente per trattare il cancro diagnosticato da Bavetta. Anche Urso, durante gli interrogatori, ha negato di aver conosciuto la vera identità del paziente fino alla cattura del boss.

Emanuele Bonafede, cugino del geometra Andrea Bonafede e uno dei principali favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro, rimane in carcere. Il tribunale del Riesame di Palermo ha respinto la richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari presentata dall’imputato. Condannato a gennaio scorso a sei anni e otto mesi di reclusione per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena, Emanuele Bonafede è stato arrestato insieme alla moglie Lorena Lanceri, la "vivandiera" condannata a 13 anni e 4 mesi per associazione mafiosa. La coppia ospitava regolarmente Matteo Messina Denaro nella loro casa di Campobello di Mazara durante la latitanza del boss, garantendogli un rifugio sicuro e gestendo le comunicazioni tramite la rete dei pizzini. Gli inquirenti hanno evidenziato come i Bonafede non solo preparassero il cibo per il capomafia, ma effettuassero anche stretti controlli per assicurarsi che la zona fosse sicura, permettendo così a Messina Denaro di muoversi indisturbato. Le telecamere di sorveglianza hanno catturato Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri mentre verificavano l'assenza di forze dell'ordine prima di consentire al loro ospite di uscire dall'abitazione. Questo rapporto di assoluta fedeltà veniva ricompensato dal boss con regali di valore, tra cui un Rolex da seimila euro donato al figlio dei Bonafede nel 2017.

Prove schiaccianti contro Martina Gentile - La Procura di Palermo ha raccolto prove schiaccianti contro Martina Gentile, ritenuta intermediaria e fiancheggiatrice del boss, tanto da poter saltare l’udienza preliminare e procedere direttamente al processo. Attualmente agli arresti domiciliari, la Gentile si firmava “Tan” nelle lettere indirizzate al capomafia. Le evidenze principali derivano proprio dal contenuto delle missive, incrociate con simboli segnati su un calendario, SMS e immagini delle telecamere piazzate davanti alla casa di Laura Bonafede, madre di Martina, che il ROS ha analizzato dopo l’arresto del latitante. Martina Gentile, 32 anni e supplente in una scuola a Pantelleria, fungeva da tramite tra la madre e il padrino, interfacciandosi con Lorena Lanceri, moglie di Emanuele Bonafede. Nel covo di Campobello di Mazara, dove Messina Denaro ha trascorso l’ultima parte della sua latitanza, i carabinieri del ROS hanno rinvenuto un calendario con annotazioni specifiche. In determinati giorni comparivano pallini o scritte come “Tan” o “Tany”, indicanti gli scambi di pizzini tra le due donne, risalenti ad almeno due anni prima dell’arresto del boss nel gennaio 2023. Una delle annotazioni significative sul calendario è la data del 21 febbraio 2021, associata alla scritta “Tan”. In un appunto, Messina Denaro scriveva: “15 febbraio 2021 fatto cambio per notizie”, evidenziando come il calendario fungesse da mappa per decifrare i messaggi. Un'altra nota del 31 gennaio 2022 riportava “INVIO TANY”, correlata all’invio di informazioni. Un ulteriore dettaglio emerso è il regalo di una collana Bulgari a “Cromatuccia”, la figlia di Martina Gentile, evidenziando i legami stretti e i benefici ottenuti grazie al favoreggiamento del capomafia.

Battute finale per il processo ad Alfonso Tumbarello - Cinque testi, quattro familiari di pazienti oncologici e affetti da forme gravi di diabete, e un paziente oncologico del dott. Alfonso Tumbarello, hanno testimoniato al Tribunale di Marsala, presieduto da Marcello Saladino, nel processo a carico al medico campobellese. Il professionista, ora in pensione, è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso in atti pubblici. Tumbarello è accusato di aver redatto oltre centotrenta certificati a nome di "Andrea Bonafede" (classe '63) che ha prestato l'identità al boss, per consentire al capomafia castelvetranese Matteo Messina Denaro, deceduto il 25 settembre scorso, di potersi curare per un tumore. Dalle testimonianze si evince che Tumbarello prescriveva ricette mediche su direttive e piani terapeutici degli specialisti presso cui i pazienti erano in cura. I familiari stretti dei pazienti ritiravano le prescrizioni anche senza delega o mediante e-mail e chat Whatsapp. Le mail erano protette da un codice identificativo/password fornito dal medico curante all’atto dell’iscrizione e potevano essere aperte solo inserendo quel codice. La sentenza del processo al dottor Tumbarello potrebbe arrivare tra settembre e ottobre.