Il re dell’eolico. Il self made man, da elettricista a sviluppatore di parchi eolici da milioni di euro.
Un impero costruito in pochi anni da oltre un miliardo di euro, dalla sua Alcamo città cuscinetto tra le province di Palermo e Trapani. Vito Nicastri, morto qualche giorno fa, è stata una delle figure più chiacchierate negli ultimi anni e su cui gli occhi degli investigatori sono caduti più volte. Per quelle tracce che avrebbero lo avrebbero legato a certi ambienti politici ma soprattutto alla mafia di Matteo Messina Denaro al quale il suo nome è stato più volte accostato. Non c’è più, Vito Nicastri, l’uomo che secondo le tante inchieste che lo hanno riguardato avrebbe incarnato quel nuovo tipo di mafia, una “cosa grigia”, ibrida, che sa stare al passo con i tempi, puntare sull’energia green, ma al tempo stesso stringere patti con politici e mafiosi.
Ripercorriamo, quindi, la sua vita.
DA ELETTRICISTA A SVILUPPATORE - Nel 1973 non ancora diciottenne, frequenta l'ultimo anno di ragioneria. Dopo il diploma inizia a lavorare come socio-agricoltore nella cooperativa “La gioventù”. Insieme ai suoi due fratelli inizia a lavorare come elettricista e idraulico in alcune aziende di installazione e manutenzione di impianti elettrici. Agli inizi degli anni novanta la prima inchiesta a suo carico. Una storia di corruzione dalla quale è uscito quasi indenne raccontando delle tangenti pagate ai politici per costruire impianti di energia solare. Nel 1994 Nicastri svelò ai magistrati della Procura di Palermo il grande business che ruotava attorno al fotovoltaico. All’epoca disse di aver pagato tre miliardi delle vecchie lire al segretario particolare dell'assessore all'Industria. Quei soldi servivano per assicurarsi i finanziamenti che ruotavano attorno all'installazione degli impianti e finanziare le campagne elettorali del PSI. Grazie alle sue confessioni Nicastri ha patteggiato una condanna a un anno e sei mesi. Nel 2000 esplode il business degli impianti per la produzione alternativa di energia elettrica (fotovoltaico ed eolico), Nicastri c’è e diventa uno “sviluppatore”, una figura esclusivamente italiana che programma tutto ciò che occorre per realizzare questi impianti di energia rinnovabile, sia dal punto di vista tecnico che economico. Nel giro di pochi anni diventa il leader nel settore a livello nazionale.
Tra il 2002 e il 2006 ottiene il più alto numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici per un migliaio di megawatt, poi rivendute ai principali operatori del settore.
IL SIGNORE DEL VENTO - Di Vito Nicastri se ne inizia, seriamente, a parlare quando viene definito dal Financial Times come “Il signore del vento”. Ma nel corso degli anni le procure di mezza Sicilia indagano su di lui. E nella sua provincia di Trapani viene considerato dagli investigatori dell’antimafia molto vicino a Matteo Messina Denaro. Il boss di Castelvetrano è un innovatore e sarebbe riuscito ad entrare nell’enorme business delle rinnovabili grazie a Nicastri. L’imprenditore di Alcamo però è qualcosa di diverso da un prestanome. E’ uno che non prende ordini da nessuno, che ha creato le condizioni per poi realizzare i parchi eolici o fotovoltaici, riuscendo a tessere una rete fatta di relazioni non solo con il mondo malavitoso ma anche con quello politico.
LE ACCUSE DI CONTIGUITA' CON LA MAFIA - Da anni gli inquirenti accusano Nicastri di "contiguità" con i clan che si sarebbe tradotta in comunanza di interessi, fiancheggiamento e scambio di reciproci favori. In ogni zona d’investimento Nicastri avrebbe trovato un partner criminale: da Matteo Messina Denaro, nella provincia di Trapani; a Salvatore e Sandro Lo Piccolo nel palermitano; agli 'ndranghetisti di Platì, Africo e San Luca. In questa ultima indagine ci sono le dichiarazioni del pentito Lorenzo Cimarosa, primo pentito della famiglia Messina Denaro, che lo indicano come uno dei finanziatori della latitanza del boss castelvetranese. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d'onore, Michele Gucciardi. Nel 2009 scatta l'operazione "Eolo" che svela i retroscena delle connessioni affaristico-mafiose per la realizzazione di alcuni impianti eolici nel territorio di Mazara del Vallo: il nome di Nicastri compare tra le compravendite delle società coinvolte nell’indagine. Nicastri è rimasto coinvolto e arrestato anche nell’operazione "Via col Vento", condotta dalla Procura di Avellino. I reati contestati erano quelli di truffa consumata e tentata in danno dello Stato, finalizzata al reperimento di finanziamenti pubblici per la realizzazione di parchi eolici.
IL SEQUESTRO RECORD - Il 13 settembre 2010 la Direzione Investigativa Antimafia sequestra a Nicastri beni per un miliardo e trecento milioni di euro. Scattano così i sigilli per 43 tra società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, 100 beni immobili tra ville e palazzine, terreni e magazzini, 7 fra autovetture, motocicli e imbarcazioni e 66 cosiddette «disponibilità finanziarie» fra conti correnti, depositi titoli, fondi di investimento, polizze assicurative.
Nel 2012 l'imprenditore di Alcamo viene arrestato nell'ambito dell'operazione "Broken wings" per un giro di mazzette chieste ai colleghi per l'apertura di impianti di energia eolica. Si comincia ad associare il nome di Nicastri a quello di Matteo Messina Denaro, anche per un pizzino che riportava la scritta: "Nicastri di Alcamo ok". Secondo gli inquirenti Nicastri sarebbe al centro di un triangolo dove i soggetti contraenti sono gli imprenditori, la politica e la mafia.
RAPPORTI CON LA POLITICA - Dal Psi alla Lega, per arrivare a certi livelli ci vogliono contatti. Tra le altre relazioni politiche intrattenute da Nicastri c’è anche quella con l’onorevole Mimmo Turano. Quando avviene il mega sequestro del patrimonio di Nicastri, l'informativa inviata al Tribunale di Trapani dalla Direzione Investigativa Antimafia contiene un apposito paragrafo, che accompagna il sequestro, dedicato all’allora Presidente della Provincia di Trapani. Turano nel 1992 è stato per quattro mesi amministratore unico e socio della “TEMA srl”, una società di costruzioni dove figurava anche la prima moglie di Nicastri, Pasqua Lucchese. Nel 1994 è stato sindaco effettivo nella Tea srl, sempre nel settore dell'edilizia. L'azienda è stata costituita a seguito della liquidazione di un'altra società, "La Sout Fork", il cui presidente dell'assemblea era Giovanni Ditta, commercialista trapanese.
VOLO D'AFFARI IN TUNISIA - A conferma dei rapporti tra Turano e Nicastri c’è anche un viaggio d’affari in Tunisia a bordo di un aereo privato. A quel viaggio partecipano Vito Nicastri, Gioacchino Lo Presti (ex presidente della Megaservice ed ex cda di Airgest), Filippo Inzerillo (in seguito anche lui nel Cda della Megaservice), F. B. (imprenditore dell'eolico il cui nome è comparso tra le compravendite delle società coinvolte nell'operazione Eolo) e Davide Fiore, socio in diverse attività con Nicastri. Di quel viaggio non si saprà nulla, tuttavia c'erano già alcuni componenti della cabina di regina della futura amministrazione Turano: Lo Presti come presidente del consiglio di amministrazione delle Megaservice in compagnia di Inzerillo e Davide Fiore in qualità di Assessore allo Sport e Turismo.
L’ULTIMO VERDETTO
Il "re dell'Eolico" Vito Nicastri imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, pochi mesi fa è stato assolto dalla quarta sezione della Corte d’appello di Palermo dall'accusa di estorsione aggravata. La Procura generale aveva chiesto per lui 10 anni e 8 mesi. Il processo è quello scaturito dall’operazione Pionica.
In primo grado il gup di Palermo aveva condannato Nicastri a 9 anni di carcere anche per concorso esterno. L’indagine Pionica, con la quale Nicastri è stato arrestato è del marzo 2018. Nel 2019 il nome di Nicastri balzò fuori nell'inchiesta per corruzione, che ha visto stato indagato l'ex sottosegretario leghista, Armando Siri, l’ex consulente della Lega Paolo Arata assieme al figlio Francesco Paolo, al dirigente regionale Alberto Tinnirello e all’imprenditore milanese Antonello Barbieri, per quest’inchiesta, il re dell’eolico nel dicembre 2019 ha patteggiato una condanna a 2 anni e dieci mesi. “Quante persone ho pagato nella mia vita? Tante… . Un’autorizzazione, diciamo, rilasciata dal funzionario per me valeva qualche milione di euro, per cui andare a concedere, senza che mi fosse stato chiesto, 10 mila euro, 5 mila euro, quelli che erano, era un atto di generosità… di ringraziamento. Solo uno me li ha rifiutati, ma gli altri, magari con un po’ di timidezza o con qualcos’altro…”. Così parlava Nicastri sentito dai Pm in uno degli interrogatori degli ultimi anni. Il re dell’eolico negli ultimi mesi della sua vita aveva iniziato a raccontare alcune cose. Aneddoti e trucchi di chi ha saputo muoversi bene, nei solchi tra legale e illegale. Il re dell’eolico ora è morto e porta con sè anche tanti segreti di quel sistema che ha utilizzato per costruire un impero partendo da Alcamo.