Lo sguardo curioso e discreto di un fotografo dietro alcuni dei set cinematografici che hanno
raccontato la Sicilia nel mondo, rendendola icona di diverse intramontabili pellicole del passato.
Da Il Gattopardo di Visconti, al Vulcano di Dieterle, Viva l’Italia di Rossellini e tanti altri ancora. Si chiama “Set cinematografici siciliani 1960 - 1970” la personale del celebre fotografo siciliano Nicola Scafidi che, allestita nella Chiesa Santa Lucia (Purgatorio) a Castellammare del Golfo (Corso G.Garibaldi, 25), si inaugurerà il 30 luglio, alle 19.30, e resterà visitabile fino al 14 agosto (dalle 17 alle 23). Un’esposizione che, sostenuta dall’assessorato Regionale ai Beni Culturali, vuole essere una preview del “Nettuno Festival”, organizzato da Angelo Butera, a Castellammare del Golfo, dal 23 al 25 agosto, il cui programma verrà annunciato a breve.
Nicola Scafidi ha saputo raccontare, come pochi, attraverso i suoi innumerevoli scatti, l’identità Siciliana. In mostra 35 scatti fotografici inediti, rigorosamente in bianco e nero che seguiranno un percorso temporale, nel formato 60x80. L’esposizione, che nasce da un’idea della figlia del fotografo, Angela Scafidi, comprende scatti che il padre ha immortalato tra il 1960 ed il 1970, ad eccezione del film il Vulcano, con Anna Magnani, che risale al 1950. I film sono Viva l’Italia, con Paolo Stoppa e Giovanna Ralli, per la regia di Rossellini; Mafioso, con Alberto Sordi regia di Alberto Lattuada; Il Picciotto con Michele Placido; Il giorno della civetta, con Claudia Cardinale e Franco Nero regia di Damiani; Il Caso Mattei, con Gian Maria Volonté per la regia di Francesco Rosi; Il Gattopardo con Claudia Cardinale, Alain Delon, Burt Lancaster, del regista Visconti; Vulcano con Anna Magnani per la regia di William Dieterle; I racconti di Canterbury per la regia di Pier Paolo Pasolini; Baciamo le mani con Agostina Belli del regista Vittorio Schiraldi; Lucky Luciano di Francesco Rosi; Salvatore Giuliano di Francesco Rosi.
“Scatti che immortalano, con occhio discreto, attimi fuggenti, sia degli attori protagonisti che delle comparse, sia durante le riprese che nel backstage - spiega Angela Scafidi - scatti rubati, naturali, visti da una prospettiva spesso non usuale”. La curatrice della mostra ricorda a tal proposito che il padre “per fotografare Salvatore Giuliano da vivo - racconta - si recò fino a Montelepre dove fu bendato e poi trasportato in un luogo non riconoscibile. Una volta giunto sul posto ha effettuato alcuni scatti del bandito in piedi e poi è stato nuovamente bendato e riportato al punto di partenza”. Nicola Scafidi fu l’unico ad avere, inoltre, fotografato, il bandito morto. I suoi scatti, infatti, sono poi tornati utili a Francesco Rosi per il suo film “Rosi si recò nello studio fotografico di mio padre - spiega la Scafidi - ha chiesto proprio queste fotografie. Oggi gli scatti tra la morte reale del bandito e la finzione scenica spesso sono scambiati tra loro”.
“Questa mostra - prosegue Angelo Butera, direttore artistico del Nettuno Festival - oltre ad essere un omaggio al grande fotografo Nicola Scafidi, vuole essere anche un omaggio al cinema in Sicilia che continua a raccontare l’isola tutt’oggi e a produrre cinema di qualità. Il Nettuno Festival, il cui programma verrà presentato a breve, vedrà un premio dedicato a Ezio Zefferi, giornalista e regista teatrale, grande amico di Castellammare del Golfo e di Scopello, e per anni anche sovrintendente del Teatro Regio di Torino”.
A corredo della mostra vi è anche un catalogo dal titolo “Set cinematografici siciliani” pubblicato da Mohicani edizioni, disponibile sia nelle librerie che online.
“Nicola Scafidi è stato un grande fotografo siciliano che ha saputo raccontare come pochi, attraverso i suoi innumerevoli scatti, l’Identità Siciliana. A lui vogliamo dedicare questa mostra che racconta, attraverso il suo obiettivo, un periodo di storia siciliana - spiega il sindaco di Castellammare del Golfo, Giuseppe Fausto - una mostra che celebra anche la settima arte: il Cinema. Lo sguardo curioso e attento di Nicola Scafidi restituisce momenti di vita delle maestranze e degli attori impegnati nella realizzazione di film entrati nella storia del cinema. L’obiettivo primario della mostra è quello di far riflettere lo spettatore, di creare un dialogo tra le immagini e l’osservatore. Tutto ciò, proprio perché siamo consapevoli che ogni destinatario è unico in quanto a interessi, motivazioni, profilo socio-culturale ed esperienza ricercata. La mostra deve essere intesa come un mezzo di cultura, tramite il quale far conoscere l’ importanza di un’epoca passata, in cui i valori legati all’onore ed al rispetto, erano ben codificati. Questi concetti di onore e rispetto, servono al vasto pubblico per avvicinarlo al concetto di cambiamento sociale, che oggi più che mai è in continua evoluzione anche se molto probabilmente come disse il Principe Fabrizio Salina al nipote Tancredi: se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Si è pensato ad un allestimento che sia in grado di comunicare e di raggiungere i suoi obiettivi nei confronti di segmenti di utenza piuttosto eterogenei”.