2 Agosto 1980, ore 10.25, stazione ferroviaria di Bologna Centrale, nella sala d'aspetto di seconda classe esplode un ordigno a tempo, contenuto in una valigetta abbandonata.
Nell'attentato rimasero uccise 85 persone e ne furono ferite oltre 200. Si tratta del più grave atto terroristico avvenuto nel Paese nel secondo dopoguerra, da molti indicato come uno degli ultimi atti della strategia della tensione.
Fu uno dei più gravi attentati - anche per il numero di vittime - verificatisi negli anni di piombo, assieme alla strage di piazza Fontana a Milano nel dicembre 1969,17 anime uccise, alla strage di piazza della Loggia a Brescia del maggio 1974, 8 vittime e alla strage del treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro Bologna nell'agosto 1974, 12 innocenti.
Più di un decennio caratterizzato dalla commistione di un terrorismo neofascista molto violento e sostenuto da alcuni settori militari e politici che intendevano attuare un colpo di Stato in funzione anticomunista, specialmente dopo il movimento del Sessantotto e l'autunno caldo.
Per il fatto sono stati condannati Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro in quanto esecutori materiali, Gilberto Cavallini - membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari - e Paolo Bellini per concorso. Mandanti, organizzatori o finanziatori, Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D'Amato, Mario Tedeschi, indicati da una sentenza del 2022 dalla Corte d'assise di Bologna . Tra le motivazioni la ritorsione neofascista o "avvertimento" per il processo bolognese a Ordine nero sull'Italicus. Si è rammentato e contestualizzato il fatto perché assistiamo a rigurgiti neofascisti, testimoniati dalle violenze diCasaPound. La commemorazione dei morti di Acca Larenzia con i partecipanti sempre più numerosi, con relativo saluto romano, l'inchiesta di Fanpage che ha raccontato di Gioventù Nazionale, un'organizzazione di militanti di Fratelli d’Italia che, lontano dagli sguardi dei giornalisti e delle telecamere,fa saluti e canti fascisti, apologie del terrorismo nero e addirittura a simbologie naziste. La memoria come esercizio fondamentale per non dimenticare.
Vittorio Alfieri