Operazione campo largo, alla fine a parte il ritorno di Matteo Renzi e compagnia (la compagnia è quella che si accoda, quasi sempre non per convincimento personale ma per la disperazione della ricollocazione) non l’hanno presa bene né i militanti del PD e nemmeno del M5S.
Gli elettori, poi, non vogliono più considerarsi una somma di numeri per fare eleggere questo o quel deputato ma, giustamente, vogliono partecipare a processi democratici di scelta e di condivisione del percorso. Sembra difficile capirlo, eppure i dirigenti di partito servono a questo. E mancano l’appuntamento tutte le volte in cui anziché esercitare il ruolo si riducono a semplici esecutori della volontà del leader di turno. L’Istituto demoscopico Noto Sondaggi ha rilevato che questo matrimonio di interesse non verrebbe ben percepito dalla base. Il M5S e il Pd vedrebbe meglio una alleanza con Azione di Carlo Calenda, 43%, il 20% dei pentastellati.
Del resto l’elettorato del M5S, lo aveva già preannunciato Giuseppe Conte, è guardingo, non si fida di Renzi, cioè di colui che fece cadere il suo governo e che ne appese la medaglia al petto. Salvo ora, per ragioni di sopravvivenza partitica ed elettorale, farci un accordo.
E’ l’arte dell’impossibile, con cui si giustifica qualunque alleanza. Renzi sposta Italia Viva nel centrosinistra, l’operazione potrebbe apparire quasi normale, perché la strada da cui sono arrivati alla nascita del partito è proprio quella, poi ci sono i moderati che ci hanno creduto. Ritornare in quell’area è fattibile, il vero problema è la coerenza. Cioè allineare parole e fatti.
IV oggi attacca con tantissimi post il governo nazionale, il centrodestra, ma con quei partiti ci governa in alcune regioni del Paese e in molti Comuni.
Accade la stessa cosa a Palermo, attaccano il governo regionale salvo poi avere i piedi piantati in assessorati e sottogoverni con il sindaco della quinta città d’Italia: Palermo. Se non è schizofrenia politica è opportunismo, a cui andrebbe messo un punto, per dignità politica da ambe le parti.
L’operazione voluta da Renzi, con una accelerazione importante, è voluta perché si parla di elezioni anticipate. Secondo l’ex presidente del Consiglio ad ottobre 2024, alla seconda candelina del governo Meloni, l’opinione pubblica non continuerà a dare fiducia alla Premier. Quindi a Renzi non resterebbe che incassare quel poco consenso che ancora riesce a capitalizzare, che è tutto suo perché sui territori c’è il disastro, e arrivare alle elezioni con una speranza di tornare in Parlamento e portarci i suoi fedelissimi, e anche nel suo cerchio magico ci sarà una scrematura.
Insomma, Renzi da politico di razza si accontenta di fare appena l’ago della bilancia, una sorta di Mastella bis.
I malumori interni al partito con raccolte di firme e appelli a un cambio di segretario nazionale lasciano il tempo che trovano, chi lo immagina e lo racconta farebbe bene a lasciare la politica: non ha capito nulla.
Italia Viva è Renzi, Renzi è Italia Viva. Solo che sono gli stessi che criticavano Silvio Berlusconi per avere creato un partito personale.
La leadership è di Renzi e chi ha aderito al partito lo ha fatto per questo, con buona pace dei tanti deputati, molti miracolati, che senza Renzi non sarebbero finiti manco nella terza pagina del giornaletto di quartiere. Quindi cosa c’è da capire, per chi invoca congressi e assemblee, non è noto nemmeno ad esperti di ipercinetismo.
Renzi è leader di IV e di se stesso, il suo codazzo gode di un effetto trascinamento. Dopo le europee l’obiettivo è sì ancora la formazione di un centro ma che si collochi a sinistra, ma la logica domanda è: perché un elettore, un dirigente dovrebbe collocarsi o restare in un partito al 2% e non puntare al PD dove magari avrebbe pure spazio?
Stride il racconto di questa politica che avrebbe potuto fare e non ha fatto, perché, lo si dica, Renzi sa costruire ma non ha manovali apprezzati sui territori. Basti guardare alla opposizione che pensano di fare, sui social. Non c’è una sola proposta. Interminabili post, senza alcun rilancio o una idea di Paese. E aldilà dei contenuti e del pragmatismo c’è un vero problema politico: hanno detto e fatto in questi ultimi anni tutto e il suo contrario, fa parte dell’imprevedibilità del personaggio, gli manca l’attitudine alla perseveranza.