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27/08/2024 06:00:00

Quei preti di Castelvetrano, padri di nessuno

 No, non è il monastero di Santa Chiara di Napoli. E nemmeno la basilica di San Domenico a Bologna o di Santa Maria Novella a Firenze. Insomma, non è nessuno dei 286 edifici sacri per i quali il ministero della Cultura, due anni fa, ha destinato 250 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E’ invece una piccola cappella del vecchio cimitero di Castelvetrano: quella del Clero. Dove antiche ragnatele guarniscono il catenaccio arrugginito del cancelletto in ferro, che sembra aperto da sempre.

 

Dentro è sporcizia, altre ragnatele, intonaci staccati, muri scrostati, nidi di vespe. Pennellate di cemento sostengono ciò che rimane delle lapidi dei preti che sono stati sepolti in una stanza che ricorda la sceneggiatura di un film horror. Sono quelli che in vita erano dei padri. Padri spirituali. Padri di tutti. Almeno dei credenti. E che oggi sono padri di nessuno, insieme a qualche monaco e ad una suora. Dimenticati da tutti, soprattutto dall’ordine sacerdotale, l’istituzione che dovrebbe provvedere a ristrutturarlo. Anzi, che avrebbe dovuto provvedere già 30 anni fa. Invece è letteralmente uno scempio, che ha tolto ogni dignità a questi morti che hanno rappresentato la collettività cattolica, impegnandosi spesso in prima persona nell’accogliere l’altro.  Oggi non è più nemmeno chiaro quante siano le persone di chiesa sepolte lì dentro, tra le lapidi appoggiate al muro e i numeri sui loculi, ormai quasi illeggibili.

 

Più di vent’anni fa, padre Salvatore Basile, morto nel 2003, aveva lasciato l’incarico di ristrutturare la sepoltura del clero al nipote, che face intervenire i muratori l’anno successivo. Peccato che già pochi mesi dopo, le lapidi cominciarono a staccarsi dai muri a causa dell’umidità, essendo quello un edificio “interrato” e le pareti diventare in poco tempo ciò che sono adesso. Da allora, nessuno si occupò più di nulla. Non soltanto in termini di interventi edilizi, ma anche di semplice pulizia, togliere le ragnatele o sostituire il mobiletto in legno, spaccato da non si sa più quanto tempo.

Da decenni, solo puzza di polvere e di rinchiuso. Anche se la cappella rimane aperta.

Aperta a nessuno.

 

Egidio Morici