I lettori, solitamente, vengono investiti da domande e curiosità spesso molto difficili – Come fai a leggere un libro intero? Quanto tempo impieghi? Non ti annoi mai?
Ce n’è una, però, che giudicherei addirittura irrisolvibile. Ed è questa: come fai a scegliere il libro da leggere? A cui naturalmente segue la richiesta: mi consiglieresti un libro? Due interrogativi a dir poco traumatici. Perché ci mettono di fronte a quell’innumerevole serie di combinazioni che anticipano l’istante delle nostre scelte: un’intervista in tv o un video su TikTok che abbiamo visto due giorni fa, un film che ci è piaciuto molto e la voglia di continuare a viverlo in qualche modo… Qualsiasi cosa può condizionare lo spazio dei nostri interessi. E ce ne accorgiamo, di questo fattore misterioso, perché sentiamo dentro una fame, l’istinto che ci spinge a mangiare ancora. È qualcosa che ha a che fare proprio sia col cervello sia con lo stomaco: è un processo chimico, non so, c’entreranno le endorfine o qualcosa di questo tipo. Ad ogni modo, quando ci sentiamo addosso un appetito del genere, potremmo anche leggere un libro di cinquecento in una notte e non ci peserebbe affatto.
Adesso, ritorna la domanda: come facciamo ad accorgercene? Proviamo una risposta secca, precisa: basta essere sinceri con noi stessi. Non esiste la patente del lettore, non otteniamo più punti se leggiamo Dostoevskij o Tolstoj. Ci piacciono le storie un po’ pettegole e un po’ amorose? Leggiamo, allora, Felicia Kingsley. Abbiamo bisogno di piangere e sfogarci? Leggiamo Erin Doom. Non abbiamo bisogno per forza di Gadda e di Calvino. È come se sentissimo il desiderio indomabile di un pacco di patatine o del cioccolatino dopo il caffè: la vita è troppo breve per privarcene. Il primo esercizio a cui attendere quotidianamente è esprimere i nostri desideri e trovare, nei piccoli dettagli delle nostre esistenze (come i libri), il luogo in cui espanderli. Senza alcun tipo di paura o censura.
Anzi, assume proprio un sapore unico quell’accostarsi a qualcosa che apparentemente sentiamo tanto lontano da noi, dal nostro lavoro, dalle nostre abitudini, ma che ci attrae irresistibilmente. Oltremanica, a proposito, si usa l’espressione «guilty pleasure», ovvero un piacere colpevole: quella cosa che fai, che forse sarebbe meglio non facessi, ma come fai a resistere. Appunto, perché resistere?
Per questo, per salvare la lettura, abbiamo bisogno di restituirle lo statuto del guilty pleasure che, lungo i secoli, in verità, ha sempre avuto. Certo, prima il piacere originava da una mancanza di libertà (i libri proibiti e censurati, come racconta spesso il russista Paolo Nori, passati di mano in mano in consunte fotocopie, erano i veri bestseller in Unione Sovietica); ora, al contrario, nasce da una eccesiva libertà: abbiamo a disposizione tutti i libri che vogliamo. Perciò, a maggior ragione, non dobbiamo disperdere questa edonistica passione.
La settimana scorsa, durante una chiacchierata al telefono, un amico mi ha chiesto cosa stessi leggendo. Io gli dico che lentamente, un capitolo al giorno, porto avanti un saggio sulle fonti storiche che ricostruiscono la figura di Giovanni il Battista. Il mio amico prontamente, allora, mi chiede: «Ma non ti capita mai di leggere qualcosa di più leggero?». Sorrido. Ha largamente ragione. La lettura, se non ne sentiamo il piacere, la fame, se non ci lascia quel brivido di proibito o di impossibile, a che serve? Sì, sapremo anche due cose in più, e va bene, è importante. Però, dobbiamo innanzitutto prenderci cura di noi.
Sono andato subito in libreria, mi sono fermato davanti allo scaffale dei romanzi storici, e ho preso l’ultima fatica letteraria di Valerio Massimo Manfredi, Germanico (Mondadori, 2024): una spy story ambientata dopo la disfatta romana di Teutoburgo. Un centurione si trova in mezzo ai giochi di potere per l’elezione del nuovo imperatore a seguito della morte di Augusto e, nel frattempo, gestisce le sue squadre speciali, i Lupi, forgiate nell’odio e nella vendetta contro i Germani. Bellissimo, divorato in due giorni. Aveva il gusto del miglior pacco di patatine che potessi scegliere.
Marco Marino