Prendono il via oggi, 28 agosto, i Giochi Paralimpici Parigi 2024, l’Italia sarà presente in 17 discipline, 141 gli atleti in gara, delegazione più numerosa di sempre ai Giochi. Si svolgeranno in 12 giorni, dal 28 agosto all’8 settembre 2024, riunendo 4.400 tra i più importanti atleti Paralimpici del mondo, rappresentando un’opportunità unica per concentrare l’attenzione sullo sport e sulla disabilità. Si tratta della XVII edizione, con 185 Comitati Paralimpici Nazionali, 22 sport,18 sedi di gara, 549 eventi. Il nuoto paralimpico italiano è presente con 28 atleti.
Beatrice Vio Grandis guiderà il team di scherma, l’azzurra vanta 2 ori, 1 argento e 1 bronzo in due partecipazioni ai Giochi da Rio 2016 a Tokyo 2020. Fino ad oggi l’Italia ha conquistato 599 medaglie (167 ori, 202 argenti, 230 bronzi). La disciplina che vanta più medaglie, dal 1960 a oggi, è l’atletica, ben 185, seguita dal nuoto con 167 e dalla scherma con 94. Giù dal podio, ma con un palmares di tutto rispetto, il ciclismo con 50, il tennistavolo con 36 e il tiro con l’arco con 30. Il gruppo sportivo Fiamme oro della Polizia di Stato partecipa con 24 atleti: 8 donne e 16 uomini.
Prevista per oggi la cerimonia di apertura, lo spettacolo metterà in mostra gli atleti Paralimpici e i valori che rappresentano, presenzierà il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella. I portabandiera italiani sono Ambra Sabatini, atleta, e il ciclista Luca Mazzone. L’Italia partecipa alle Paralimpiadi di Parigi 2024 con la squadra più numerosa di sempre: 141 atleti, 71 uomini e 70 donne, che parteciperanno alle gare in in 17 sport: atletica, badminton, canoa, canottaggio, ciclismo, equitazione, judo, nuoto, scherma, sitting volley, sollevamento pesi, taekwondo, tennis in carrozzina, tennis tavolo, tiro a segno, tiro con l’arco, triathlon.
Le Paralimpiadi rappresentano “contaminazione”, capacità di guardare alle abilità, un messaggio importante per il mondo intero.
Questo evento non è solo sportivo ma rappresenterà anche la prova di come le gare verranno raccontate, per capire se c’è stato un avanzamento culturale reale o solo di facciata. Parlare di disabilità slegandolo dalla persona, che è un atleta, è ingiusto e veicola messaggi sbagliati.
Bisogna partire dalla parola “abilismo” per potere davvero raccontare i percorsi sportivi, i tecnicismi, e non la storia di disabilità che ci si porta dietro, cambiando il focus: si parte dalla persona e non dal suo carico, sfatando le convenzioni culturali che emarginano e creano barriere emotive e mentali.
Bisogna empatizzare e non creare pietismo, dietro la medaglia c’è un professionista.