Meravigliosa creatura, inno alla vita. L'anima di Rigivan Ganeshamoorthy era quasi sconosciuta, è un ragazzo che sta partecipando alle Paralimpiadi di Parigi, nella nazionale italiana. Nato a Roma nel 1999 da genitori dello Sri Lanka, affetto dalla sindrome di Guillain-Barré, nella forma più grave, necessita della ventilazione assistita. Come se non bastasse nel 2019, cadendo ha riportato una lesione cervicale.
Prova dapprima il basket in carrozzina e poi la scherma, infine inizia a praticare l'atletica leggera paralimpica, specializzandosi nei lanci. Risultato ottenuto: medaglia d'oro e tre record del mondo battuti. Dopo la gara è stato intervistato dall'inviata della Rai e dalla carta stampata, raccontandosi. Alla domanda su cosa pensasse dei dei tre record planetari terrestri ha risposto con un candido: "Che devo dì?", aggiungendo "sono timido, domani vengo qui con un discorso e vi racconterò qualcosa", condito da un sorriso inebriante. "Questo mondo sta cominciando a piacerti?", chiede la giornalista , "ma si dai, un po' troppi disabili forse", semplicemente Chapeau.
"Non ti manca il senso dell'umorismo", lui: "è la vita, è la vita", aggiungendo "dedico questa medaglia alla mia famiglia, al mio staff, alla mia ragazza, a Roma, al decimo municipio, al mio vicino di casa che è venuto a trovarmi e mi ha portato la bandiera, l'amicizia è più importante di una medaglia, a tutta la nazione italiana e ai disabili che stanno a casa". Strabiliante. La narrazione da lieto fine potrebbe terminare in questo modo. Ma come si è strutturato l'uomo per accettarsi e raggiungere l'equilibrio manifestato? "Lo sport per me è stata una rinascita, mi ha dato la possibilità di non pensare a cose negative". "Io certe cose le ho vissute sulla mia pelle. Quando sei ricoverato conosci ragazzi e ragazze con problemi, ma anche le loro famiglie. Sono persone che purtroppo non hanno amicizie. Adesso utilizzo una brutta espressione, lo so, ma veniamo schifati perché c’è chi è su una carrozzella o chi magari ha il catetere con la sacca delle urine. Siamo come tutti gli altri, però veniamo discriminati per una disabilità che non abbiamo voluto. Ce la siamo ritrovata e ce la teniamo". Poi "la medaglia...farò sentire il peso e il significato per far capire quello che volevo dire. Lo sport riabilita le persone. Ti appaga. Per questo ho dedicato l’oro agli altri. Io ho fatto solo l’atleta, ma dietro di me ci sono state molte persone che mi hanno assistito, mi hanno aiutato e hanno creduto in me. E questa vittoria è per loro". Continua "Noi disabili possiamo essere alla pari con i normodotati e non dobbiamo venire discriminati perché possiamo fare le loro stesse cose. Ovviamente con un po’ di difficoltà. Però siamo sullo stesso livello ". Ovviamente c’è chi lo ha aggredito verbalmente per il colore della sua pelle: "Vabbè gli ignoranti sono loro, a me scivola addosso". Uno, Dieci, Cento, Mille Rigivan Ganeshamoorthy, Meravigliosa Creatura.
Vittorio Alfieri