di Katia Regina
Due sono gli argomenti più dibattuti in questi giorni: il caso Sangiuliano-Boccia e la castrazione chimica. Accostare queste due questioni può sembrare una provocazione, me ne rendo conto. Anche perché, diciamolo, nel primo caso la situazione è grave, ma non seria, parafrasando il grande Ennio Flaiano. Per quanto riguarda la castrazione chimica, invece, la questione è davvero seria, oltre che controversa.
L'associazione tra i due temi potrebbe sembrare un gioco mentale simile a quello del libro delle risposte: avete presente quando si apre a caso un libro dopo aver formulato una domanda, cercando una risposta in una frase scelta a random, magari da un testo sacro? Così messa, la cosa può sembrare quasi divertente, perfino accettabile. Ma riflettendoci un attimo, potrebbe anche nascondere un fondo di verità. Proviamo a ragionarci su, tra il serio e il faceto.
Partiamo subito col bandire la parola "castrazione", che evoca immagini troppo forti, quasi cruente. "Inibitore della libido" suona decisamente meglio, come quei "dissuasori di velocità" che, tutto sommato, ci ricordano solo un rallentamento degli eccessi, sempre dannosi. E perché no? Pensate a quanti processi avrebbe potuto evitare Berlusconi! Ma non fermiamoci a lui, ovviamente.
Se tutti gli uomini al potere, in qualsiasi ambito, prendessero volontariamente una pillolina capace di stabilizzare i picchi di testosterone, si risolverebbero d'un colpo una serie di problemi che frenano l’efficienza operativa del Paese. Facendo sparire la domanda, si annullerebbe anche l'offerta: due piccioni con una fava. E con questo, la questione per me è chiusa.
Passiamo ora alla proposta della Lega di inserire la castrazione chimica nel Decreto Sicurezza. Spero vivamente che, prima o poi, si affacci al dibattito qualche esperto capace di illustrare le numerose riserve, sia dal punto di vista medico che etico. Una su tutte: questo metodo non affronta le cause profonde dei comportamenti sessuali devianti, come i disturbi di personalità o i traumi infantili. In altre parole, si tratta di una punizione piuttosto che di una terapia, che tra l'altro limita le opportunità di reintegrazione sociale.
L'aggressività, è bene precisarlo, è un fenomeno complesso, influenzato da una combinazione di fattori biologici, psicologici e sociali. Ridurre i livelli di testosterone potrebbe colpire solo un aspetto dell'aggressività, senza influenzare gli altri. E nei casi di pedofilia, ad esempio, non è affatto chiaro se questo trattamento riesca a eliminare completamente i desideri pedofili, che spesso vanno oltre i semplici livelli ormonali.
Sugli aspetti etici e legali di questa pratica, ci sarebbe tanto da dire: tutto si basa su una sottile adesione volontaria, senza certezze sulla reversibilità del trattamento o sui potenziali danni permanenti. Insomma, l'uso della castrazione chimica dovrebbe essere valutato caso per caso, tenendo conto sia dei benefici che dei rischi per l'individuo, oltre che delle possibili alternative terapeutiche.
E a proposito di testi sacri interrogati per trovare conforto: per il caso Sangiuliano potremmo provare a chiedere un segno a San Giuda Taddeo Apostolo, protettore dei casi disperati. Per il Decreto Sicurezza non basterebbero neppure santa Rita da Cascia e sant'Antonio da Padova, i cosiddetti santi dell'impossibile.
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