Papa Francesco ha usato parole forti, definendo i medici che praticano l'aborto come "sicari". Un termine pesante e divisivo, che rischia di aggravare un contesto già segnato da odio e tensioni. La Chiesa Cattolica, si sa, è fermamente contraria all'aborto, al divorzio, alle famiglie di fatto, alle coppie omosessuali e ad altre concezioni che considera anticristiane. Tuttavia, definire i medici sicari non aiuta una società che già deve confrontarsi con violenza verbale, odio sui social e le difficili scelte di vita delle donne, che non dovrebbero mai sentirsi giudicate o stigmatizzate per le loro decisioni.
La Legge 194 del 1978 tutela il diritto delle donne all'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione, per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Oltre questo termine, l'aborto è consentito solo in casi eccezionali, come gravi rischi per la salute della madre o gravi anomalie fetali. La legge garantisce la libertà di scelta della donna, promuovendo la tutela della salute femminile e della maternità. Tuttavia, include anche una clausola che permette ai medici di esercitare l’obiezione di coscienza per ragioni personali o religiose.
In Italia, il fenomeno dell'obiezione di coscienza è particolarmente diffuso: in alcune regioni, come la Sicilia, l'85% dei ginecologi è obiettore, secondo dati ministeriali. In 72 ospedali, la percentuale di obiettori tra ginecologi, anestesisti e infermieri varia dall’80 al 100%, con 22 ospedali e quattro consultori che contano una totale obiezione di tutto il personale sanitario.
Il ginecologo palermitano Ernesto Melluso ha reagito alle parole del Papa con una lettera aperta su Facebook, nella quale ha raccontato una drammatica esperienza vissuta anni fa, quando una donna morì a causa di un aborto clandestino. "Si era sviluppata una malattia tremenda, causata da un tentativo di aborto con metodi primitivi", scrive Melluso. "Imparai che le donne, di fronte a una gravidanza indesiderata, superano spesso la fase di panico se trovano un clima di ascolto e sostegno".
Melluso critica duramente la società e la politica, accusandole di non fornire il sostegno necessario alla maternità, come asili nido e case, e di trascurare l'educazione sessuale nelle scuole. "Non sono un sicario", conclude il medico, sottolineando che spesso la sua carriera è stata ostacolata proprio dalla scelta di aiutare le donne in difficoltà.
Le parole del Papa rischiano di alimentare un clima di condanna sociale, soprattutto in un Paese come l’Italia, dove circa 63.000 donne ogni anno decidono di interrompere una gravidanza. Nonostante la legalità dell'aborto, l'accesso a questo diritto è sempre più difficile, con gravi ripercussioni sulla salute mentale delle donne coinvolte.
Il linguaggio denigratorio, soprattutto su un tema così delicato, non dovrebbe avere spazio nel dibattito pubblico. Le donne che decidono di abortire, specialmente in casi di difficoltà o malattie congenite del feto, non devono essere vittime di giudizi morali, ma devono poter contare su un sistema sanitario che le supporti senza ostacoli, incluso il superamento dell’obiezione di coscienza, che oggi rappresenta un vero e proprio deterrente all'accesso all'aborto.
In provincia di Trapani, ad esempio, c’è un solo medico non obiettore che pratica interruzioni di gravidanza, costringendo molte donne a spostarsi in altre città siciliane o addirittura fuori regione. A livello globale, piattaforme come "Women on Web" stanno diventando un punto di riferimento per le donne che vivono in Paesi con legislazioni restrittive sull'aborto, e sono circa 700 le donne italiane che hanno già cercato aiuto attraverso questi canali nel 2023.
In definitiva, il diritto delle donne a decidere del proprio corpo e della propria vita non può essere messo in discussione da parole che, invece di aiutare, rischiano di ferire ulteriormente.