Finalmente le polemiche hanno lasciato il posto al cinema, com'è giusto che sia. E fanno sorridere tutti coloro che hanno visto in questo film la "celebrazione" di Messina Denaro, e ancora di più coloro che pensano che ci possa essere, all'opposto, qualcosa di didascalico, cotto e mangiato come vuole la pigrizia culturale di certa antimafia, da fare vedere in piazza nei festival combattenti o a scuola, magari nell' "ora di legalità".
Abbiamo visto in anteprima "Iddu", il nuovo film dei registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che racconta un pezzo della storia del boss stragista Matteo Messina Denaro. Non c’è nulla di celebrativo in questo racconto, che anzi si concentra nel distruggere ogni aura mitologica attorno a uno degli uomini più ricercati e temuti della mafia siciliana. Messina Denaro viene mostrato per quello che è stato davvero: un narciso patologico, prigioniero del proprio ego e circondato da un mondo ridicolo, che credeva di poterlo elevare a qualcosa di più.
Il film, girato tra Trapani, Salemi, e Selinunte, non si limita a narrare le sue vicende criminali, ma esplora il tragico e il ridicolo che spesso vanno di pari passo nelle storie siciliane. Matteo Messina Denaro, interpretato magistralmente da Elio Germano, appare più come un "pupo", un fantoccio vuoto, che come un uomo di potere. Non c'è spazio per la celebrazione, né per la compassione.
Germano riesce a rendere la figura di Messina Denaro persino grottesca: in un momento lo vediamo impugnare una pistola, l'attimo dopo, con la stessa superficialità, gioca ai videogame. Il "boss" che ha terrorizzato la Sicilia appare qui come un ominicchio, una figura misera, incapace di raggiungere il livello del padre mafioso che tanto ammirava, ridotto a vivere una vita fatta di ombre e di ossessioni, in competizione con la sorella. Come Messina Denaro stesso si definisce nel film, è solo un "succi", un topo.
Il film è un'opera di dissacrazione totale. Non c’è traccia di eroismo, anzi, c’è un forte senso di disprezzo e commiserazione per un uomo che ha vissuto solo per esibirsi, per nutrire il suo ego, circondato da persone che lo consideravano un leader, ma che in realtà non era altro che un burattino, che, nella sua personale evoluzione finale, viene ridotto a un personaggio da ammirare, prigioniero, dietro una teca.
Grassadonia e Piazza non risparmiano nemmeno lo Stato e le forze dell’ordine, condannando la complicità e la corruzione che hanno permesso a Messina Denaro di restare nell’ombra per così tanto tempo, come i lettori di TP24 sanno bene. Ma la condanna più dura è riservata proprio a "IDDU", il "boss", dissacrato senza pietà, ridotto alla sua miseria umana.
"Iddu" è un film che ci fa riflettere non solo sul personaggio, ma anche su come la paranoia della violenza mafiosa possa ridurre un uomo a un'ombra di sé stesso, condannato a vivere nell'oscurità, sempre alla ricerca di qualcosa che non troverà mai.