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17/10/2024 21:10:00

Favorirono un latitante, condannati due mazaresi

Due mazaresi, Nicolò Tardino e Giuseppe Armata, sono stati condannati dal Tribunale di Marsala (presidente Saladino) a tre anni di carcere ciascuno per “procurata inosservanza di pena”.

Sono stati accusati di avere favorito, insieme ad altri, la latitanza del pregiudicato mazarese Vito Bigione (qui la sua storia, raccontata da Tp24) condannato a 15 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti e catturato il 4 ottobre 2018 ad Oradea (Romania) nell’ambito di un’operazione internazionale coordinata dalla Dda di Palermo ed eseguita da Squadra mobile di Trapani, Sco, polizia romena e Interpol. Ad invocare la condanna di Armata e Tardino (reato contestato: procurata inosservanza di pena) è stata il pm della Dda di Palermo Francesca Dessì.

Nell’ottobre 2020, i due imputati condannati rimasero coinvolti in un’indagine della polizia che, per fare luce sulla rete dei presunti favoreggiatori di Bigione, effettuò perquisizioni a Mazara del Vallo, Bologna e Imola. Qui un approfondimento di Tp24.

Le indagini “sia di tipo tradizionale che di natura tecnica – spiegarono gli investigatori - hanno permesso di identificare un gruppo di persone, tra cui alcune del tutto insospettabili, che, in vari modi e con ruoli diversificati, avevano dato alloggio, favorito la fuga all’estero e fornito assistenza, economica e non, al latitante”. Vito Bigione, soprannominato il “commercialista”, considerato un broker professionista nell’organizzazione dei traffici di droga con la Colombia, era stato condannato dalla Corte d’appello di Reggio Calabria e aveva fatto perdere le tracce nel luglio 2018, quando scattò il momento dell’esecuzione della pena. Altre condanne, sempre per narcotraffico internazionale, le aveva subite negli anni ’90, quando si rese latitante in Namibia, dove aveva riorganizzato traffici di stupefacenti utilizzando pescherecci d’altura. Bigione è ritenuto vicino alla famiglia mafiosa mazarese degli Agate, con la quale avrebbe compartecipato all’importazione di ingenti quantità di droga dal Sudamerica, insieme anche ad esponenti delle cosche della ndrangheta di Platì. A difendere Armata e Tardino sono stati gli avvocati Antonella Rapagnani, del foro di Bologna, e Marianna Licari.