Nel processo legato all’operazione “Ruina” scaturita dal blitz antimafia del dicembre 2020, il pm della Procura di Palermo Pierangelo Padova ha chiesto complessivamente 78 anni di carcere per i tredici soggetti coinvolti. La maggior parte degli imputati ha richiesto il rito alternativo, con il giudizio abbreviato presso il Tribunale di Trapani, mentre altri sono stati rinviati a giudizio ordinario.
L’indagine, condotta dalla Squadra mobile di Trapani, ha fatto luce su un sistema di collusioni tra mafia e politica, con epicentro tra Calatafimi Segesta e i comuni circostanti. Tra le richieste di condanna più rilevanti, spiccano i 20 anni per il boss di Calatafimi Nicolò Picone (già condannato in appello) e 16 anni per il dirigente comunale di Trapani Salvatore Barone. Quest’ultimo è accusato di avere favorito la famiglia mafiosa di Calatafimi, occupandosi di questioni economiche legate alla cantina Kaggera, che risultava coinvolta in operazioni illecite finalizzate al riciclaggio e alla gestione di affari economici.
Tra gli altri imputati, il pm ha chiesto 10 anni per Giuseppe Aceste e Stefano Leo, accusati di partecipazione a un’organizzazione mafiosa, mentre per Giuseppe Fanara e Leonardo Urso la richiesta è di 13 anni ciascuno.
Le indagini hanno messo in luce una stretta connessione tra mafia, politica e affari, con particolare riferimento all’influenza della famiglia mafiosa di Vita, capeggiata da Calogero, e alla gestione delle attività economiche locali attraverso accordi pilotati. Il processo si avvia verso la fase conclusiva, con gli avvocati difensori che discuteranno le arringhe per 22 imputati, mentre la sentenza è attesa a breve.