Mentre l'attenzione pubblica viene distratta dai temi caldi come l'Albania e la gestione dei migranti, il Governo Meloni ha sottratto alla Sicilia e al Sud risorse destinate agli asili nido, ignorando i già ampi divari territoriali che caratterizzano il nostro Paese. Il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) per il prossimo triennio introduce una nuova e discutibile gestione dei fondi destinati ai servizi per l'infanzia, che avrà un impatto negativo soprattutto sulle regioni meridionali.
Secondo i principi stabiliti a Barcellona nel 2012 e inseriti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), gli Stati europei devono garantire che entro il 2030 il 33% dei bambini di età compresa tra 0 e 3 anni abbia accesso a un posto in un asilo nido. A tale scopo, il Pnrr ha stanziato fondi per la costruzione di nuovi asili e la legge di bilancio ha previsto risorse aggiuntive per i comuni dal 2022. Tuttavia, con le recenti modifiche introdotte dal Governo, le regole cambiano: il target del 33% sarà valutato su base nazionale, consentendo alle singole regioni di rendicontare solo il 15%.
Un target che favorisce il Nord a scapito del Sud
In pratica, se le regioni del Nord Italia raggiungono performance del 60% in termini di posti nido, l'obiettivo nazionale è considerato raggiunto, anche se il Sud rimane gravemente indietro. Questa mossa appare come un altro segnale di indifferenza nei confronti delle disuguaglianze territoriali che da decenni penalizzano il Mezzogiorno.
La decisione solleva diverse critiche: per affrontare seriamente la questione, sarebbe stato necessario lasciare alle regioni la flessibilità per gestire i servizi per l’infanzia in base alle proprie esigenze sociali e culturali. Invece, si continua a calare dall'alto politiche centralizzate, che spesso non tengono conto delle realtà locali e aggravano le disparità esistenti.
Un trasferimento di risorse che penalizza il Sud
La nuova impostazione del Governo non solo non aiuta a colmare il gap tra Nord e Sud, ma rappresenta di fatto un trasferimento di risorse dal Mezzogiorno verso le regioni settentrionali. Questo va contro i principi di perequazione, che dovrebbero garantire una distribuzione equa delle risorse pubbliche per riequilibrare le differenze tra le varie aree del Paese.
Mentre il Nord, con un'ampia offerta di servizi, riesce a sfruttare pienamente i fondi a disposizione, il Sud rimane ancorato a un sistema inefficiente e con scarse risorse, penalizzando ulteriormente le famiglie e i bambini del Mezzogiorno. Questa scelta non solo priva il Sud delle infrastrutture per l'infanzia necessarie per garantire pari opportunità, ma mina anche gli sforzi di inclusione sociale e lo sviluppo a lungo termine di queste aree.
Conclusioni
Il taglio delle risorse destinate agli asili nido nel Sud rappresenta l'ennesimo colpo per un territorio che necessita di investimenti strutturali e di politiche mirate per colmare i divari con il Nord. Invece di affrontare le disuguaglianze territoriali, il Governo sembra aver scelto una strada che le accentua, mettendo a rischio l'equilibrio sociale ed economico del Paese. Una scelta miope che rischia di compromettere non solo il futuro delle regioni meridionali, ma anche l'intero Paese.